lunedì 8 febbraio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 11 marzo 1998 - Quinta parte

Segue dalla quarta parte.

Avvocato Filastò: E qui una riflessione dell'avvocato Filastò -cessa il terzo difensore, risubentra l'avvocato Filastò - uno cosi, Signori, un personaggio così, uno che ci viene descritto in questo modo, un mentitore di questo genere, uno con queste capacità di mascherarsi, non se lo fa dire due volte, giuocando con gli inquirenti, cadenzando le sue dichiarazioni, aggiustando il tiro cento volte. Vi ricordate quando parlava il collega, avvocato Mazzeo, l'espressione veneta "pezo el taccon del buso", che io ho inserito varie volte: peggio una toppa del buco? Peggio da questo punto di vista, perché scopre la mascheratura, scopre il gioco, come lo definiscono i periti, non l'avvocato Filastò, i periti: il gioco. Ecco, questa persona non ci pensa nemmeno due minuti ad accusare un innocente per togliersi in parte dai guai. Guai che qualcuno gli prospetta più gravi di quel che non siano, purtroppo. 'Vanni che accusa'. E questo lui l'ha detto, eh, e non c'è niente da fare: l'ha detto al dibattimento. L'ha detto, l'ha detto. Che se lo sia levato dal capo lui, o che qualcuno gli abbia suggerito, non lo so: 'Vanni che accusa', lui è convinto di questo. Lì, in dibattimento, accidenti, vero. Ve l'ha letta quella parte il collega, non sto a rifarla quella parte lì, ma insomma, acciderba. Dice: 'ma scusi, ma lei che vuol dire, che significa?' 'Quello che ha detto l'avvocato. Quello che ha detto l'avvocato'. Quello che avevo detto io due, tre volte. E il gioco - la parola non è mia, è del professor Fornari - gli riesce. È questa la tragedia di questo processo. È questo che rende tutto quel che voi avete sott'’occhio delle dichiarazioni di Lotti carta straccia, Signori. Perché il gioco gli riuscito, purtroppo. Se di gioco, come dicono i consulenti, si è trattato e si è trattato di un gioco, questo gioco disgraziatamente gli è riuscito. C'è chi, in qualche modo, mettendo in movimento una certa legge, questo gioco glielo ha, come dire, favorito. Perché non solo non è andato in galera, il signor Lotti - confesso di quattro duplici omicidi, che fa otto morti; otto, otto morti, ammazzati - ma ha trovato una casa, uno stipendio, sceglie i ristoranti. Eppure si lamenta che lo fanno alzar presto la mattina. Nella perizia Lagazzi-Fornari c'è anche questo. Ogni tanto bofonchia, dice: 'ma come, mi tocca alzarmi presto la mattina per andare di qua e di là'. "Più che si sente protetto" - come dicono i periti Lagazzi e Fornari - "coccolato, ben servito, ben seguito11 - pagina 23, verbale 30 settembre '98 (N.d.t. '97) - "e più che regge il suo gioco." È ovvio, la situazione gli andava bene così. E come non gli deve andar bene? Gli va bene sì, così. Un personaggio di questo genere, vedano, Signore e Signori della Corte, può acquistare un minimo di senso di responsabilità e quindi di attendibilità, solo coattivamente, ahimè, solo con la coazione, con la costrizione fisica. Capite? Non c'è niente da fare. Il signor Lotti a me ricorda un processo che ho fatto all'epoca in cui ero un giovane avvocato. Uno dei primi processi di Corte di Assise. Venni incaricato di difendere una certa Scartano Rosetta. E il Lotti a me mi sembra, anche fisicamente, una specie di Scurrano. Tutte le volte che lo guardavo, a parte i baffi, c'ha anche degli aspetti... per esempio quel sorriso sempre che c'ha, era proprio anche quello della Scurrano Rosetta. Questa Scurrano Rosetta... Vi racconto questa cosa e poi facciamo la pausa, Presidente, tanto si spende... per rilassarci un momentino. 
Presidente: Sì. 
Avvocato Filastò: Questa Scurrano Rosetta, a un certo punto, si mette a parlare di una rapina, una rapina avvenuta dalle parti di San Piero a Sieve. La interrogano. Questa è una prostituta di Stazione, tipo la Ghiribelli. Grassa, così, unta... Diceva. E raccontava... E fece mettere in galera otto persone, tutti ragazzacci, là, dell''ambiente della Stazione. Ce n'era uno che lo chiamavano "Penna bianca", perché aveva un capello con una sfumatura bianca e tutto il resto. Il Pubblico Ministero era... Questa mi nomina difensore, la vo a trovar in carcere, la sento parlare, dico: 'senti, ma te non la racconti mica giusta questa storia. Ma che è questa storia che tu racconti te, scusa? Non torna nulla'. Tanto più che la ricostruzione della rapina era una cosa geniale. C'era una macchina, c'era stata una frana che aveva interrotto la Bolognese; si doveva passare, per andare in quel posto, dalla Faentina. Cosa avevano fatto i rapinatori? Erano arrivati con la macchina - chissà se se lo ricorda lei, Presidente, può darsi, non lo so; eh, vagamente - erano arrivati con la macchina "pulita" da un lato della frana. Avevano passato a piedi la frana, avevano preso una macchina cosiddetta "sporca", andarono a fare la rapina; erano tornati con la macchina "sporca" dalla parte di qua della frana; avevano lasciato la macchina "sporca" e avevano attraversato a piedi la frana; erano saliti sulla macchina "pulita" e se n'erano andati dalla parte opposta. In modo che i posti di blocco, per questa ragione, non li avevano presi. Perché i posti di blocco immediatamente fatti, non l'avevano presi, perché loro, con questo sistema, erano andati in una direzione esattamente opposta, rispetto a quella da cui erano partiti. Un piano così può nascere nella testa di persone che sanno ragionare, no? Sicché io andai dal dottor Vigna, che era lui il Pubblico Ministero, gli dissi: 'guardi, dottor Vigna' - all'epoca gli davo del "tu", poi ho cominciato a dargli del "lei". Ora forse gli ridarò del "lei" quando lo incontro, visto l'alta e prestigiosa carica che riveste - 'guardi, dottor Vigna, questa signora non la racconta mica giusta. E non è possibile. Ma vede, una cosa così, ma che le sembra che possa essere roba di questa gente qui?', che erano proprio, i ragazzottacci imbecilli, rintronati da tanti porcai che prendevano, di Stazione. Si arriva al dibattimento in Corte di Assise, il Presidente era Buffoni, il Presidente dottor Buffoni ... persona tutt'altro che tenera nei confronti degli imputati. E si era lì tutti quanti, compreso la Scurrano che gli avrebbero dato le attenuanti generiche perché aveva parlato. Io discussi il processo - avvocato Bertini - lo discussi dicendo che la mia cliente raccontava un sacco di fandonie, che non era vero nulla quello che diceva. Capito, avvocato Bertini? Ognuno c'ha il suo stile; il mio era questo. Siamo lì lì per arrivare alla sentenza. Dal Sudamerica, dov'è arrivato un aeroplano, scende all'aeroporto di Fiumicino il bandito-attore Tiziano Montagni. Ragazzo che poi, vero, l'ho rivisto a fare il cameriere in un posto, forse... Una persona intelligente, di quelle... Appena mette piede... Di quelli proprio, ne aveva fatte di rapine, vero. Aveva riempito di rapine tutta la Toscana, eh, lui e un suo complice. Appena scende dalla scaletta dell'aeroplano, tah! gli arrivano i poliziotti sopra e lo arrestano. E va be'. Dice: 'meno male che lo avete preso'. Con le manette ai polsi dice: 'guardate, ragazzi, buttate fuori quegli otto disgraziati là, di quella rapina di Firenze, perché l'ho fatta io', disse. Tanto danno il continuato... A me questo Lotti mi assomiglia molto alla Scurrano Rosetta. É un tipo che, insomma, la Scurrano Rosetta chissà perché parlava in quel modo; anche lei aveva avuto i suoi rapporti, e sue relazioni con gli inquirenti in una certa maniera; poi lei... Insomma, bisogna andarci piano con le confessioni. Naturalmente, anche lì, la Scurrano Rosetta ci aveva partecipato anche lei, in veste passiva; che era andata lì ad osservare la rapina, ce l'avevano portata in macchina per farle vedere com'eran bravi. Insomma, tutta una serie di storie che non reggevano. Beh, lasciamo perdere la Scurrano Rosetta e andiamo avanti. Per dire questo, che il carcere non serve solo a sciogliere la lingua, come ha detto un illustre magistrato qualche tempo fa, riaprendo un tema scottante che ci porta lontano e ci porta alla restaurazione della tortura. Per sciogliere la lingua, il carcere non va punto bene. Ma quando, io dico, ci si trova di fronte un personaggio come il Lotti, con le sue contraddizioni, contrasti, col suo dire-non dire, con la sua mascheratura, così come ce l'hanno descritta i periti, beh, insomma, un minimo di carcere, l'afflittività del carcere, della detenzione, può servire a fargli acquistare un minimo di senso di responsabilità. Per dirgli: 'guarda, carino, con codesti baffetti che tu ti ritrovi, questo bel faccione, con codesto sorriso perenne, stai attentino, eh, perché noi qua non siamo mica il Bar Sport di San Casciano. Noi siamo la Procura della Repubblica di Firenze; noi siamo i giudici di un processo gravissimo. E noi, siccome tu fai il furbo, ti si sbatte di molto in galera, ti si sbatte. Tu vai là dentro, ci resti un po' e cominci a pensarci su'. Anche perché, in galera, la possibilità di fare i discorsi durante i trasporti, di parlare con questo e con quello, di vedere i giornalisti che ti vengono a intervistare, il giorno in cui arriva sul tavolo di un giudice l'Alfa, Beta, Gamma e Delta... Perché, non è vero? 
P.M.: (voce fuori microfono) 
Avvocato Filastò: Sì. E allora? 
P.M.: Fu arrestato il 12 di febbraio. 
Avvocato Filastò: Addirittura prima. Acciderba! Eh, questo... Mi diceva questo lei? Non lo sapevo. Acciderba! Addirittura in anticipo? 
P.M.: Ci fu la perquisizione, avvocato... 
Avvocato Filastò: Sì, sì, sì. 
P.M.: (voce fuori microfono) 
Avvocato Filastò: Si fa questa cosa qui? E poi le persone che ti accompagnano, che ti vengono a prendere, che ti riportano... Questo no, non si fa più così. Si va in isolamento. Perché l'isolamento è fatto apposta per evitare che cosa? La contaminazione della prova. Sì, o no? E siccome qui abbiamo una persona - almeno ce lo dicono questi consulenti, che questa tendenza altro che, ce l'ha, ce l'ha, eccome - allora, almeno dopo avere appreso questa consulenza, si dice al signor Lotti: 'prego, si accomodi. Questo è il portone di Sollicciano, autosemovente. Per lei lo si apre - C'è una deliziosa celletta che lo aspetta in quel posto. Lei va lì, nella ridente celletta, ci sta dentro e poi si discute'. E se proprio magari si dice: 'ma questo poverino forse è impotente, c'ha la sindrome di qualche cosa': a Montelupo. A Montelupo, va be', a Montelupo, eh. E con questo, Presidente, se mi consente di fare una pausa, le sono molto grato. 
Presidente: Allora, sospendiamo un quarto d'ora. 
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente. 

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