giovedì 17 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Ottava parte

Segue dalla settima parte

Avvocato Filastò: All'inizio c'è l'uccisione con la pistola; per fare che? Per precostituirsi la possibilità di compiere le escissioni. "Spara e compie le escissioni la stessa mano", dice Galliani. Ipotesi? Teorie fondate sulle elucubrazioni soggettive o pseudoscientifiche di chi si esprime in questo modo? No. È la stessa arma da sparo che noi vediamo in funzione e vediamo l'arma da sparo in tempi anticipati rispetto alle escissioni; questo è storico, no? Questa è storia dei delitti. Salvo che nel delitto... pardon: mai, mai. Avete mai visto l'arma che spara dopo, per esempio? Voi vedete che c'è un'azione in cui prima si dà la morte e dopo si estrae il corpo della vittima, lo si porta lontano dal partner e lì si compiono le escissioni. Il professor Bruno, poi, qui nel dibattimento al processo Vanni, e qui lui si trova in qualche modo, anche in maniera robusta, a contrastare quello che in questo processo, nell'ipotesi del Pubblico Ministero, è l'azzeramento della evidenza psicopatologica di questi delitti; e parlo di evidenza, evidenza, pensando a quelle foto, pensando alle connotazioni di quei delitti. E questa indagine catabolica, nel senso di distruttiva, del processo Vanni è questo aspetto di patologia psicologica che ha annullato, azzerato, creando un vuoto spaventoso. Macché, secondo il Pubblico Ministero: si va a "fare il lavoretto", secondo l'espressione "lottiana". Ed è giusta la citazione del collega, da Hitler: “più le sbagli grosse e più è difficile contrapporvisi". Che si deve dire su una cosa di questo genere? Guardatevi le foto, guardatevi i fascicoli fotografici. Il professor Bruno diceva: "È un serial-killer11 — fascicolo 78, pagina 98 — "quindi direi unico. Ci son moltissimi elementi che. fanno pensare all'azione di un'unica persona, che ha individuato come obiettivi del suo delirio delle coppie e che ha esercitato una ritualità omicidiaria tale da essere inequivocabile per il significato patologico che gli è connesso, e che è un significato evidentemente di natura sessuale e che trova il suo humus in una patologia di base ovviamente della persona che compie questi atti. E quando dice "unico", certo è unico; per fortuna non ce n'è mica tanti, vero, come questa persona. "La patologia, quale essa sia da un punto di vista eziologico" - noi non lo possiamo sapere - "se è tale, non è compatibile con un gruppo." È questo che sto cercando di dirvi. Ed ecco, allora, la ragione. Voi capite che questo gruppo, che questo azzeramento dell'aspetto psicopatologico voi capite che è un artificio del Pubblico Ministero, dell'accusa portata ai "compagni di merende". La evidenza psicopatologica viene annullata artificiosamente, fino a rifugiarsi su un concetto banale e atecnico di perversione, che non è da salotto: è da cucina, scusate. Questo concetto di perversione che vi fa così, appellandosi sulla parola 'è un perverso' - come dire: '... è un perverso' - a me sembra tutto questo che, senza voler forzare, senza che nessuno se ne abbia a male, a me pare che questo esprima una certa volgarità culturale, che è assenza di documentazione, di studio, è rifiuto di ragionare seriamente, è offuscamento anche dei sensi, anche di quello della vista, prima di tutto – quella vista che viene così colpita dall'esame di quei fascicoli fotografici - del buonsenso. Ma vi sembra che dei campagnoli normali possano fare quelle cose lì? Possano fare il "lavoretto" di Lotti? Comunque, continuiamo a lasciar parlare gli esperti, perché è meglio che parlino loro che non questo avvocato, che certamente non è del mestiere; anche se, insomma... è meglio, sì, perché sennò va a finire che mi sento salire l’irritazione. Perché, alla fine, sempre il rifiuto della cultura così mi irrita; mi irrita chi mette nello stesso calderone la convenienza con la convinzione, e quindi andiamo avanti a far parlare queste persone. Il De Fazio, fascicolo 77, pagina 15, verbale di dibattimento di questo processo, verbale di . dibattimento del processo Vanni, fascicolo 77, pagina 15, dice: "Nella serie...", virgolette. Tutte queste cose sono cose che vi riferisco sono tutte fra virgolette. "Nella serie di lesioni che le vittime presentavano sussistevano caratteristiche tali da consentire di ipotizzare che si trattasse di una mano sola... Dall'analisi dei singoli episodi delittuosi si sono rilevate le stesse condizioni ambientali e situazionali. Questo è molto importante in ordine al fatto che si trattasse di una sola persona." E Luberto, ancora verbale di dibattimento Vanni, fascicolo 78, pagina 5: "La ritualità dell'azione dell'omicida deve essere | intesa nel senso che la motivazione ad agire assume quasi il significato di una coazione a ripetere con una dinamica analoga azioni simili, motivate dalla stessa spinta pulsionale, conflittualità intrapsichica." Ecco che qui il perito, che è perito psichiatra, specialista in patologia della psiche, vi dice: qui noi riscontriamo una certa ritualità, che è quella che vi ha detto anche il professor De Fazio. Vale, a dire, questa espressione del professor Luberto spiega e approfondisce meglio quella espressione di prima del professor De Fazio, il quale dice: "Dall'analisi dei singoli episodi delittuosi si sono rivelate le stesse condizioni ambientali e situazionali. Questo .è molto importante in ordine al fatto che si trattasse di una sola persona." Cerchiamo di spiegarci meglio, cerchiamo di leggerle approfonditamente queste parole del professor Luberto. Questa cadenza sempre uguale, questa scelta di situazioni analoghe, indica quella - che poi vedremo meglio, cercando di spiegarci meglio, nel concreto, da che cosa sia apprendibile - quella che si definisce con termine tecnico "ritualità". Ora, la ritualità non ha niente a che vedere con i riti magici, proprio assolutamente nulla. È la ritualità che ci appartiene anche a noi, specialmente in epoca adolescenziale. Quella, per esempio, di stare attenti a non pestare le righe mentre si cammina per la strada, perché lo si considera qualcosa che porta male o che in qualche modo ci danneggia. Ciascuno di noi ha una sua ritualità di comportamento, nel modo di farsi il caffè, di prendere il caffè a una certa ora, di compiere le azioni quotidiane in un certo modo. C'è chi, per esempio, non passa mai sotto una scala. Insomma, tutte quelle cose che a un certo punto ci consentono di, come dire, mantenere fra noi e l'ambiente circostante e quello che ci circonda, e 1 il fato, e le eventuali situazioni di scarogna, stesso tipo fisico di donna. Io poi, va be', ce ne sarebbero anche altre di cose da inserire qui dentro, tipo la storia dei film, ma insomma, questo avete detto che non è il caso di parlarne e non ne parlerò, avete ragione. C'è, quindi, una dinamica analoga ed una sorta di "coazione a ripetere", quella che il dottor Perugini vi ha definito "memoria muscolare". Coazione a ripetere, appunto, come una persona che, perché le cose gli vadano bene, deve far sempre le stesse cose, più o meno. Sceglie gli stessi luoghi. E lì, ancora: andateci. Guardate fino a che punto l'ambiente è analogo. Dovunque lo spazio è. scoperto. Allontanate dalla testa, se non ci siete stati, l'ipotesi del macchione, del posto ristretto dove la macchina si è infilata. Non è mai così. In tutti questi delitti, ma in quelli di cui vi occupate, almeno. Allora, su questo poi, ancora in linea generale, rileva il professor Luberto: "La freddezza di tipo quasi psicotico dell'omicida." E su questo punto tutti gli scienziati che si sono occupati di questi casi sono concordi, ne parlano in termini di evidenza. E a questo punto vi spiegano anche il perché della serie. Perché la serie? Perché questi omicidi uno dietro l'altro, in questo modo, con queste cadenze che da un certo momento in poi infittiscono. Perché infittiscono; lo vedremo parlando di un'altra situazione. Perché la spinta, quasi una coazione, è pulsionale. Cioè a dire, come dice Luberto, "intrapsichica”, vale a dire: appartiene alla psiche. Non appartiene al gruppo, perché il gruppo non ha psiche, il gruppo, non esiste una psiche collettiva di un gruppo. È una ipotesi assurda, scientificamente. E se appartiene, come dice Luberto, ad una spinta pulsionale, ad un impulsò cioè, che partecipa di una conflittualità - patologia intrapsichica - ma . la domanda, a questo punto, rispetto all'ipotesi del gruppo degli "amici di merende" è condivisibile? È collettivizzabile questa spinta pulsionale? Può riguardare per uno straordinario scherzo maligno della natura, o della sorte, del destino maligno, un gruppo di persone: Pacciani, Lotti, Vanni, Pucci, Faggi, e chissà chi altri? E la risposta è nettamente: no. Questo, in linea generale. Mettendo l'accento e, secondo il punto di vista di questa spinta pulsionale appartenente ad una conflittualità intrapsichica all''interno della quale noi dobbiamo riconoscere con evidenza la ragione di questi delitti e di questa serie di delitti. Ma c'è di più. C'è un aspetto ulteriore che riguarda la eccezionalità di questa spinta pulsionale, di questa conflittualità intrapsichica: il suo aspetto non comune. Non abbiamo una persona che uccide delle donne purché sia. Ha detto un filosofo francese, si chiama Baudleiard (?), ora così, tanto per dare spazio a quelli che dicono che fo le citazioni, frase che mi rimane sempre impressa: "Nous avons produit le sens de la distance par la débàcle du présent": abbiamo perso il senso della distanza per la sconfitta del presente. E qui, a noi, in questo processo, il rovinio - scusate - la volgarizzazione, l'annullamento, la distruzione operata dal Pubblico Ministero, rispetto a quelli che sono gli aspetti seriamente e obiettivamente scientifici di questi delitti, ci ha fatto perdere di vista la distanza. Ci impedisce di veder le cose con quell'ottica, con quello sguardo distante, che è tipico di chi voglia capir qualcosa. Perché prima di andar vicino a analizzare, andar lì a vedere le bucce della Sperduto o della signora Frigo o del Lotti o del Pucci... No, voi dovete recuperare questo senso della distanza in questo processo. E se voi lo recuperate, voi condividete quel che ha detto il dottor Perugini nella sua deposizione in questo processo, nel fascicolo 80, il giorno che lui è stato sentito. Qui manca il dato. "Il mio convincimento" - dice - "era che la fantasia ossessiva che poteva spingere una persona a fare quel determinato tipo di delitti era una cosa talmente intima, che è difficilmente condivisibile." Dove intima sta per personalissima, eccezionale. Poi, il dottor Perugini, nella sua ricerca, a mio parere tendenziosa e inesatta, ricercherà questa straordinarietà, questa fantasia ossessiva, in Pacciani attraverso il suo vissuto, certamente singolarissimo, vale a dire l'uccisione del Bonini. E quindi focalizzerà la sua attenzione, il dottor Perugini, su questo seno sinistro che la ragazza del Pacciani, la Bugli, avrebbe esposto all'amante, che poi avrebbe in qualche modo - guesta visione orribile che lui dice, eccetera - avrebbe poi cagionato... lo avrebbe, come dire, portato quasi coattivamente a ripetere quel gesto di uccisione nei confronti della coppia. 

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