giovedì 12 novembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 6 marzo 1998 - Prima parte

PRESIDENTE: Allora, prima di ogni cosa, devo dire... Vanni, mi dicono che mi è stato riferito stamattina, che lei ha fatto una intervista televisiva, ieri. Allora, ricordo a lei - e capisco la buona fede perché era accanto al difensore, eccetera - però queste dichiarazioni lei non le può fare. Perché, almeno a mio avviso, sono contrarie alle disposizioni dell'ordinanza che ha disposto i suoi arresti domiciliari. Che ha disposto certi rapporti e basta. Questo vale in casa, ma vale anche fuori. Perché sarebbe molto comodo che lei potesse fare fuori di casa quello che in casa è proibito. Quindi, questo, non lo rifaccia più. Se ha dichiarazioni da fare, le faccia qui. Dico, ricordo a lei, che lei ha per ultimo la parola. Lei può fare tutte le dichiarazioni che vuole, per ultimo. Alla fine della discussione mi dice ‘voglio parlare', e mi dice tutto quello che crede per suo interesse. Se lo vuol fare, lo fa. Capito? Bene. Possiamo iniziare. L'avvocato Filastò può continuare.
Avvocato Filastò: Devo dire, Presidente, che lei ha perfettamente ragione. E, che la colpa è mia a proposito di questa intervista. Sono stato sollecitato più volte, alla fine io ho detto: beh, due parole. Pensavo che non ci fosse niente di male. Senza riflettere, per dire la verità, a quel che lei diceva circa gli obblighi che Vanni, aveva sotto il profilo del suo arresto domiciliare. Devo dire che questa intervista è avvenuta nella cella qui accanto. E che io, in buona fede, ritenevo che fosse così, due battute per dire: 'ma lei, insomma, cosa ne pensa della morte di Pacciani?' Ecco, massimo una cosa così. Mi sono trovato di fronte e non ho avuto il coraggio e né la presenza di spirito di fermarlo, questo cronista che è arrivato con un papié di domande preelaborate, che sembrava un interrogatorio del Pubblico Ministero. E francamente, via via che andava, avanti, dicevo: 'ora lo faccio smettere’. E mi è mancato l'impulso di farlo. È tutta la notte che ci penso anch'io, sa. È tutta la notte che dico: ma guarda, tante volte cosa significano questi interventi massmediatici in un processo. Quindi lei ha fatto benissimo a dire questo. Condivido perfettamente. Mi assumo, però, tutta la responsabilità. Mario Vanni non c'entra niente. Sono stato io a fare uno sbaglio. Detto questo, signor Presidente, sono anche dispiaciuto di come si è chiusa l'udienza ieri. E lo ridico un'altra volta. Vedano, succede questo, quando si parla a lungo, specialmente quando parla a lungo uno come me che non riesce ad usare i cosiddetti toni diaframmatici, ma parla molto di testa. Io soffro di una ernia iatale; quindi diaframmatica. Per cui, se parlo col tono diaframmatico finisce che, alla fine, come si diceva un tempo, la voce mi muore nella strozza. E quindi parlo molto di testa e tante volte mi scaldo. E avviene che succede un processo di iperossigenazione del sangue, per cui, arrivato ad un certo punto, diventa come una specie di ubriacatura. E quindi ieri io, certamente, non so non ho riletto quello che ho detto, ma probabilmente ho detto delle cose che andavano fuori dal vaso. Ecco perché mi piace, stamattina, riprendere quel discorso su quella specie di amore di cui parlavo all'inizio della mia discussione di ieri, per rasserenare l'atmosfera, riaprendo uno spiraglio alla finestra. Portandovi queste due, questa citazione da Piero Calamandrei che è un libro che ho citato ieri, "Non credere all'avvocato" - dice Piero Calamandrei - "che dopo aver perduto una causa fa l'adirato contro i Giudici e ostenta di odiarli e disprezzarli. Passato il breve malumore, fuggitivo come le gelosie degli innamorati, il cuore dell'avvocato è tutto per la Corte: croce e delizia della sua vita." E dice, ancora: "E se in qualche pomeriggio domenicale l'avvocato esce solo a piedi verso la campagna, non pensare che egli vada a svagarsi. Cerca di seguirlo senza che egli se ne accorga e ti accorgerai che, quando finalmente crederà di essere solo, la sua faccia diventerà ispirata e sorridente, la sua mano si muoverà disegnando un rotondo gesto inconsapevole e le sue labbra, volgendosi verso gli alberi, abituali confidenti degli innamorati, ripeteranno i sussurri e la eterna passione: Eccellentissima Corte." E, naturalmente, nella foga e nella impulsività, e in quella specie — come dicevo prima – di ottenebramento cagionato dalla iperossigenazione, è finita che non ho detto quello che volevo dire. Perché quando io vi ho detto: attenzione, perché questo è un processo importante, che cosa intendevo dire? Quando vi ho detto che di una sentenza di condanna ne parlerebbe il mondo; ho enfatizzato: il mondo no, ma forse l'Europa sì. Vedete, questo processo è un processo molto significativo, che per certi versi può diventare davvero un esempio negativo, da farne parlare quanto meno l'Europa. In una situazione in cui noi ci stiamo affacciando all'Europa, si parla addirittura della costituzione di una Corte Suprema Europea, sappiamo che a Strasburgo l'Italia è il Paese più condannato di Europa. E, vedano, prendano per esempio una situazione che in questo processo appare ed è importante: quella che riguarda la cosiddetta "legislazione premiale", riguardante i collaboratori di cui ha parlato così approfonditamente il collega Mazzeo, Io non sono contro quella legislazione, tutt'altro. Sono fermamente convinto che solamente quel tipo di legislazione, quel tipo di previsione della figura del collaboratore, il quale aiuta gli inquirenti a capire che cosa avviene all'interno di certi nuclei di criminalità organizzata, quello è uno strumento indispensabile per battere la mafia. Ma pensate che invece qui, in questo processo, almeno la mia impressione è che quella legislazione sia stata usata per prendere la scorciatoia. | E questo non va bene. Questo indebolisce lo strumento. Questo diventa un fenomeno grave, negativo, da un punto di vista civile. Ecco. Voi dite: 'ma avvocato, come fa lei a dire una cosa così, che è anche un po' forte?' E va be', dopo lo vedremo insieme; misurando le dichiarazioni - le dichiarazioni all'interno delle indagini preliminari - di Lotti, vedremo. Vedremo com'è quest'uomo, per esempio, eh, che a un certo punto ha fatto il testimone per un certo periodo di tempo e a un certo punto gli inquirenti si sono accorti che lui non era un testimone ma era un indiziato, allora, beh, indiziato di che cosa? Indiziato di almeno cinque duplici omicidi, o quattro, quanti sono quelli che gli vengono addebitati. Allora, subito a Sollicciano. Poi, quando comincia a collaborare e si vede che collabora, allora, eventualmente, siccome la legge non l'osserva, allora... Ho, eh, non è andata mica così. Ecco, poi ne parleremo. Ecco cosa volevo dire con quella enfasi un po' esagerata. E quindi andiamo avanti. Tentando una sintesi di quel che ho detto ieri, a proposito di Mario Vanni. Non ho parlato di pretese prove o di pretesi indizi a carico. Mi sono riservato di parlarne dopo e più approfonditamente; ho dato soltanto delle indicazioni sulla persona, cercando proprio di inquadrare una persona, un protagonista di questo processo. E ve l'ho - indicato come una persona umile, modesta. E naturalmente di questa umiltà, di questa modestia, di questo livello basso della persona che, insomma, per..usare un latinismo - anche perché non mi piace esprimermi così avendo accanto questa persona che, come ho detto ieri, comincio a apprezzare, ho apprezzato certi suoi aspetti, una certa sua onestà, sincerità dì tratto - beh, insomma, "minus habens", è questo Mario Vanni. Certificato come tale. Certificato da degli aspetti di carattere clinico che hanno una rilevanza somatica. E , naturalmente, fatto questo accertamento, constatato voi questo aspetto, lo mettete immediatamente in rapporto, lo dovrete mettere immediatamente in rapporto con quello che è stato definito non da me, ma da degli illustri criminologi e psichiatri e persone del mestiere, il "delirio di onnipotenza dell'assassino delle coppie". Anche quello certificato, esistente nel processo attraverso un fatto: la lettera anonima alla dottoressa Della Monica. Quindi, un paziente davvero criticato attraverso un malanno: leucoencefalopatia. Poi vi ho indicato come questa stessa persona è, fin dall'origine, fin da quel processo del 1963 - e ne sono passati, di anni - fiducioso, e scoperto con i Giudici. Quando gli è capitato questo atto non si è rifugiato dietro il "non è vero" lo ha ammesso di avere schiaffeggiato la moglie. Fiducioso oggi con i Giudici, con i suoi Giudici, fiducioso scoperto con i Giudici. E vi ho citato quella frase all'interno di quell'interrogatorio con il dottor Vigna in cui, dopo le estenuanti domande che gli venivano fatte a proposito di questa lettera di cui il Magistrato voleva sapere il contenuto alla fine il povero "minus habens", il "minus habens", la persona sotto… ipodotata e che non se ne ricorda; un po' non se ne ricorda, un po' lo ha detto, alla fine dice: "Lo metta lei.” E poi vi ho indicato tutte quelle testimonianze che arrivano nel processo, che lo vedono amico di tutti. Generoso, persino prodigo nei confronti dell'Alessandra Bartalesi. Vi ho detto che l'ipotesi di una doppia vita, di uno sdoppiamento di personalità. Perché, a questo punto, dovremo parlare di un vero e proprio sdoppiamento di personalità, disturbo di sdoppiamento della personalità, quello che il DSAM4 identifica proprio come la doppia persona. Voi sapete che addirittura, negli Stati Uniti, in certi casi si è assolto una persona. Si è detto: 'no, non eri tu che facevi queste cose, era il doppio che era in te'. Non sì arriverebbe mai noi ad una decisione di questo genere; là ci sono arrivati... Ma per individuare fino a che punto una sindrome può apparire tale, di sdoppiamento, di vero e proprio sdoppiamento di una persona. Beh, sì, è possibile. E ci vorrebbe una perizia, Giudici, eh. Per affermare una cosa di questo genere ci vorrebbe quella perizia psichiatrica che non abbiamo fatto. Ma ne parleremo anche di questo. E soprattutto, Giudici, una persona che non si nasconde, che non si maschera, come invece vedremo avviene per Lotti. Come invece vedremo avviene per questo soggetto; in maniera grave, evidentissima. Persona che non si maschera. Che anzi, in una certa circostanza in cui avrebbe potuto, in qualche modo, se fosse stato la persona callida, il furbastro che cerca di giocare a suo favore una evenienza che è obiettiva, è arrivata - è caduto in terra, ha perso la parola fa il contrario. E ve lo hanno detto i periti. Ed è questo che appare dagli atti, vi ho detto alla fine. È questo il Mario Vanni voi avete la possibilità di percepire dalle vostre esperienze, all'interno di questo dibattimento, dalle indicazioni che vi derivano dalle indagini preliminari. E poi vi ho detto, alla fine, che da questo esame, da questa desamina di un po' tutte le cose che riguardano specificamente, intrinsecamente la persona, alla fine viene fuori una inammissibile, straordinaria tensione degli inquirenti, tendente a proporre aspetti di questa persona,della persona Vanni in un modo che, con tutti i mezzi, si inquadri nella morfologia di quei delitti. A tutti i costi, ahimè; compreso anche quello della deformazione del vero. 

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