martedì 27 ottobre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 5 marzo 1998 - Quarta parte

Segue dalla terza parte.

Avvocato Filastò: Beh, insomma, voglio dire, sui posti bisognava andarci, abbiate pazienza. Per quelle cose che vi ha detto il collega Mazzeo, che le ha constatate insieme a me, perché io prima che lui incominciasse a discutere i giorni precedenti, dico: Antonio, si va a fare un giro? Io c'ero già stato, avevo visto i posti, eccetera. L'ho portato a fare tutto il giro... 'guarda, vedi, qui siamo sulla strada, vedi come siamo? Qua, lo stesso. Qui, che ti dice questo? Siete sempre in tempo, però, eh. Individualmente lo potete fare. Anzi, sono anche belle gite. Per modo di dire, insomma. Posti proprio... L'unico posto veramente squallido è Travalle. Travalle è squallido, perché è un posto di estrema periferia, insomma; questa campagna piatta, le montagne sopra, ma piatta, inurbata, queste costruzioni, casette intorno, tutte casette intorno; questo torrente vicino che si chiama Marina, come sempre, eh, c'è un torrente dappertutto. Torrente un pochino... un po’ nascosto, un pochino... Ma sempre, anche lì, terreno scoperto, chiaro, leggibile, anche di lontano. Gli altri posti sono posti, voglio dire, tu vai a San Casciano, San Casciano è un paese delizioso. Ha queste bellissime mura; di per sé è il classico paese toscano, poi di vecchio stile, dove si mangia benissimo, fra parentesi. Perbacco, nella trattoria Da Nello si mangia ottimamente. Non parliamo di Vicchio. A Vicchio c'è, si capisce, la Casa del Prosciutto, dal punto di vista gastronomico, voglio dire. Se ci andaste, prenotate prima; bisogna prenotare almeno due settimane prima, perché è sempre pieno. Vorrei sapere come ha fatto Lotti ad andare a mangiare là, di tonfo, eh. Però, se non trovate posto lì alla Casa del Prosciutto, potete andare un po' più su. Anzi, più su, per una strada piuttosto impervia, sterrata, alla Casa di Caccia. Perché è un posto di cacciatori, Vicchio. E lì, alla Casa di Caccia, dove fanno la lepre dolceforte splendida, ecco, lì, fra l'altro è dominata un po' la zona... c'ha un panorama vertiginoso, bellissimo. Insomma, poi dopo, perché no? Suggerimento, vedremo se è il caso. Va bene. Scusatemi la digressione. Bene. Allora, il nostro è un processo grave, complicato, estenuante; e c'è chi ha tentato di definirlo con 'una espressione e l'espressione è: "metabolismo lento". Queste due parole insieme costituiscono una definizione. Il copy-right appartiene ad una parte civile; il Pubblico Ministero se n'è innamorato e secondo lui questa espressione definisce questa indagine. Beh, sul "lento" sono d'accordo. Accidenti al lento! Dal primo delitto, 1968, sono passati - siccome era di agosto - pochi mesi meno di trent'anni. Credo che questo non sia mai accaduto; accetto smentite. Ma credo che un'inchiesta che procede -sia pure per tappe e per vari processi - per trent'anni, al mondo non sia mai successo. Ed ancora sento dire: 'non sarebbe finita.' Pacciani è stato perquisito dopo morto, voi sapete, no? Si è visto alla televisione, i Signori andavano via con le mascherine sul viso, perché dentro era una situazione indescrivibile dal punto di vista igienico, dell'odore e tutto il resto. Pacciani solo, questo vecchio. Hanno portato via, ho visto, un sacco di sacchi con della roba dentro, quello che hanno trovato. Ma, a parte questa perquisizione postuma fatta a Pacciani, c'è sempre il misterioso medico acquirente dei feticci. Tramonta il mago, risorge il medico. Il quale medico è, in realtà, una specie di cometa che percorre il cosmo di questa inchiesta. Ogni tanto qualche medico appare; uno pare si sia suicidato... Dunque, "metabolismo". Però, quello che proprio non condivido è la parola, è il sostantivo. Sull'aggettivo ci siamo, ma sul sostantivo no. "Metabolismo". Il termine io sono andato a cercarlo sul Battaglia, Il Grande Dizionario della Lingua Italiana che cita Panzini. E Panzini dice: "È un termine di fisiologia. Indica l'insieme delle trasformazioni che i tessuti organici viventi subiscono per effetto della nutrizione. E si intende tanto il processo di assimilazione, anabolismo, come il processo di distruzione, catabolismo." Bisogna stare attenti alle metafore. Io lo so, perché faccio anche un altro mestiere oltre che l'avvocato. La metafora è un strumento difficile da usare. Troppe metafore stuccano, e poi trovarla bene, azzeccata, è difficilissimo. E qui, in questo caso, mi sembra particolarmente infelice e ambigua, perché la parola significa una cosa che è quella che evidentemente intende il collega della parte civile, suscitando l'immediato consenso del Pubblico Ministero, è la sua esatta antitesi. La sua esatta antitesi. Se si voleva, con questa parola "metabolismo", intendere che l'indagine aveva anaboliticamente - cioè a dire mediante il processo che si chiama anabolismo, di assimilazione - assimilato dei fatti, persone, imputati, eccetera fino a raggiungere la verità, non è vero nulla. Almeno fino al 1991 è falso. Per almeno ben 23 anni, fin tanto che non spunta Pacciani, che poi è tutto da vedere, insomma, mettiamola così. Sto parlando dal punto di vista del Pubblico Ministero che usa questa espressione e utilizzo questa metafora e questa espressione del Pubblico Ministero per rendere il mio discorso più gradevole - intendiamoci - e condurvi a fare una certa critica di questo mastodontico impianto processuale che avete sotto gli occhi. Per 23 anni l'indagine è stata catabolica, cioè a dire non ha assimilato nulla, non ha prodotto nulla: ha distrutto. Ha distrutto se stessa e ha distrutto delle persone. E vediamo se è vero. 1968. 1968. L'indagine provoca un errore giudiziario spedendo, questo non l'ho mica detto solo io, l'ha detto anche questo rappresentante della Pubblica Accusa, dottor Canessa, nella sua introduzione - come si chiama? Relazione Preliminare - nella sua Relazione Preliminare al processo Pacciani e poi, anche, persino nella requisitoria finale, quando ha chiesto la condanna di Pacciani. Che c'entra Stefano Mele? E' stato Pacciani. Quattordici anni di galera comminati a Stefano Mele, di cui dodici interamente scontati. E oggi? Oggi, in questa indagine che riguarda gli amici o "compagni di merende", a che vi serve? In che modo voi potete assimilare lo Stefano Mele? Addirittura vi si chiede di non assimilare nemmeno — il fatto. Vi si chiede di espellerlo dalla vostra cognizione. Quindi, quella indagine a quell'epoca distrusse se stessa e ha distrutto un uomo. Perché questo poveraccio per quanto fosse - è un termine brutto "poveraccio" - questo uomo, questo ometto, questo individuo meschino, anche lui, con delle caratteristiche che lo fanno assomigliare a Giancarlo Lotti in un modo impressionante, salvo quelle fisiche perché quello è un ometto piccino, questo è massiccio, 9 0 chili e rotti. A che vi serve tutta quella... il catabolismo di quello spezzone di questa inchiesta infinita che comincia allora. A che vi serve? A niente. Vi servirebbero delle cose, delle cose ci sarebbero, ma non sono quelle che vengono esaminate. E state tranquilli: non ve ne parlerò. Ne ho una voglia pazza, però non lo farò. Sto facendo l'avvocato, difensore di Vanni io, qui. 1981, giugno. Fionda in galera Enzo Spalletti per quattro mesi. Lo mettono dentro non come "mostro", ma in quanto falso testimone. E certamente, eh; hanno anche ragione. Lui va al bar, dice: 'ho ; visto i corpi'. E poi, dopo, gli chiedono: 'chi te lo ha detto?' "L'ho letto sul giornale." Sul giornale no, perché su il giornale c'è il giorno dopo. Non si è mai saputo cosa abbia visto questo Enzo Spalletti, eh. Mai, mai, mai, mai più, mai più, mai più. Nessuno glielo ha più chiesto, nemmeno al processo Pacciani, nemmeno chiamato al processo Pacciani. Non si dice qui, dove non si parla nemmeno di un delitto avvenuto quattro mesi prima rispetto a quello che è del capo d'imputazione, con le identiche modalità, la stessa arma, le stesse identiche modalità, le stesse escissioni, la stessa scelta di tempo, di luogo, tutto; c'è tutto. Eppure, questo no. Di questo non se ne parla. E Perché non se ne parla? Sarà che non collima con gli "amici di merende", il 1981? Sarà che è meglio tenerlo lontano, Enzo Spalletti? Ad un tratto abbia a dir qualcosa, finalmente, di quel che ha visto? Come il suo amico Fosco Fabbri? Che lui un poliziotto lo aveva incontrato, eh, e lo aveva minacciato con una pistola. Fosco Fabbri, l'amico di Spalletti. Fate conto che non vi ho detto niente, non ho detto niente. Mi capiterà ancora. Mi capiterà ancora, e voi mi scuserete, di uscir dal seminato. Mi capiterà. Mi sono imposto di non farlo, ma come si fa? Comunque, non in questa indagine. Spalletti che viene scarcerato dal "mostro", quattro mesi dopo -guardate gli intervalli, le cadenze - è il termine più breve. E non ne poteva più, Spalletti, di stare dentro e voleva parlare, beh. Quindi, non solo: Spalletti non ci serve, l'indagine su lui e sull'episodio del duplice omicidio di Scandicci - Carmela Di Nuccio e Giovanni Foggi - è espunta; è espulsa da questo processo che vede non solo la eliminazione d'ufficio del serial-killer della provincia di Firenze, ma anche l'abolizione d'ufficio di ben tre duplici omicidi. E qui, scusate, una riflessione. E ora che è morto Pacciani, che quei tre precedenti gli erano stati addebitati, come la mettiamo? Quelle vittime di quei tre precedenti duplici omicidi? E il risarcimento? E il diritto dei familiari di Stefania Pettini - pronuncio questi nomi qui, ora, perché ce ne siam tutti dimenticati di questi nomi: di Stefania Pettini, di Pasquale Gentilcore, di Carmela Di Nuccio, di Giovanni Foggi, di Antonio Lo Bianco, di Barbara Locci - di far sapere la verità, ai loro parenti? Vorranno sapere la verità, vorranno sapere chi li ha uccisi. 

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