venerdì 25 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 4 marzo 1998 - Seconda parte

Segue dalla prima parte.

Avvocato Mazzeo: Giogoli: udienza del 3 dicembre, fascicolo 57. Anche su Giogoli viene interrogato su questo tema e dice: "Sì." La risposta è "sì", cioè: 'Sia io che Vanni e Pacciani spegnemmo i fari'. C'è un "sì" lapidario. Vicchio: udienza del 03/12, fascicolo 59. Lotti: "Io li spensi i fari." Domanda: "E quelli della macchina del Pacciani?" "Gl'erano spenti." Pagine 17 e 18. Domanda: "Era buio?" Risposta del lotti: “Dopo cena, anche se era estate, era buio." Insiste l'avvocato Filastò, se non sbaglio. Dice: "Ma uno dei due aveva qualche luce?” Allora, a Vicchio noi abbiamo una situazione di aperta campagna; non c'è illuminazione pubblica. Vi ricorderete che proprio il sottoscritto chiese a un testimone - non mi ricordo il nome...
(voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Il nipo... No. Un testimone che era arrivato sul luogo del delitto tra i primi, durante la notte, quando le famiglie dei poveri ragazzi si erano allarmate e avevano avvisato i Carabinieri. Non ricordo il nome del testimone, ma comunque è venuto qui e gli feci questa domanda: 'senta, dice, ma quando lei è arrivato lì, come ci è arrivato a quella piazzola?' Dice: 'ma ci sono arrivato perché sapevo dov'era, sapevo di solito si appartavano'. Dico: 'com'era la situazione del...' "Buio completo. Se non tenevo i fari della macchina accesi non si vedeva nulla." Questo è agli atti del processo. E allora, a Vicchio lui ci sta dicendo: "Io spensi i fari. I fari della macchina di Pacciani erano spenti, gl'erano spenti." Precisa anche che è il contesto della situazione era tale per cui, dopo cena... c'è sempre questo riferimento al mangiare, ai bisogni elementari del corpo, dice. Perché lo dice anche a Baccaiano: “Gl'è dopo cena, gl'è buio." E ancora per Vicchio, guarda un po', dice: "Dopo cena. Anche se era estate, era buio." Quindi, è chiarissimo. Non si parla di luna. Lo dice chiaro: "Anche se era estate, era buio." E allora, in un contesto di buio, illustrato in modo così esatto, mi pare, una volta tanto dal Lotti, si insiste con le domande. Perché uno dice: per uccidere, per muoversi in modo efficace, in modo puntuale... Qui, c'è una contestazione di associazione per delinquere, quindi fissazione dei ruoli reciproci, eccetera. Poi, operazione di omicidio che sappiamo poi, con gli squartamenti, con questi orrori che implicano evidentemente la necessità di vedere, no? Voglio dire, qui siamo ancora una volta nel campo del buonsenso comune. E quindi si insiste nella domanda e si dice: "Ma uno dei due aveva qualche luce?” Perché lui non aveva mai parlato di luci, prima, in tutte le sue precedenti dichiarazioni. Lasciamo perdere le progressioni, tra le primissime dichiarazioni e quelle a cui poi arriva in occasione dell'incidente probatorio, che è prova processuale a tutti gli effetti, e dell'esame dibattimentale. Risposta del Lotti: dunque, pagina 35, udienza del 3 dicembre, fascicolo 59. "Se gli avevano una luce è una cosa un po' difficile. Non ricordo se c'era o no." E già questo deve allarmare. Perché come fai a non ricordarti in una situazione di buio totale? Confermata anche da un testimone che è venuto, che è andato sul luogo del delitto a trovare quei cadaveri a pochissimo tempo dopo ; è stato il primo a scoprirli. In una situazione di buio totale, tu che stai raccontando un fatto... Già, come fai a raccontare un fatto se c'è una situazione di buio totale. Va be'. Ma in una situazione di buio totale come fai a non ricordarti se c'era un minimo di luce e da che parte veniva. Qualcuno, poi arriveremo a scoprirlo, infatti, ha parlato di "albore". Se ben ricordate, quanta polemica, quanta diatriba si è svolta su questo argomento. Ma poi lui è ancora più preciso. Prima dice: "Se gl'avevano una luce... È una cosa un po' difficile. Non ricordo se c'era o no." Pagina 35, sempre. Ulteriore risposta: "Mah, io non ho visto luce." Non è che non ricorda se c'era o no; nello stesso contesto di domande, nella stessa pagina, dice: 'no, io non ho visto luce, via, non mi fate dire cose... non ho visto luce. Non ho visto...' "Non ho visto luce", significa non c'era luce, eh. Perché, voglio dire, in una situazione di buio totale come quella che ha descritto lui - buio, perché i fari delle macchine erano spenti, buio ambientale, confermato da un testimone estraneo sicuramente - dire "Non ho visto luce", significa dire non c'era luce. No, che non l'ho vista, ma ci poteva essere'. Non c'era luce. Insiste, pagina 36. La pagina successiva: "Mah..." - perché le domande qui si accavallano, no? - "Mah, io luci un l'ho viste." Insisto io: dire "non l'ho viste" equivale a dire non c'erano. Perché non c'erano altre fonti di luce, nessuna altra fonte di luce. "Io, luci non l'ho viste. Io non ho visto luce. Luce non c'era." Insiste il Lotti... Poi, siccome la cosa anche qui diventa insostenibile, sotto un profilo proprio, no, ma insomma, voglio dire, è attentato all'intelligenza dei Giudici. Già prima ci sarà stato qualche attentato all'intelligenza degli inquirenti, ma intanto però questa storia è arrivata al processo. Quindi, parliamo di attentato all'intelligenza dei Giudici. Dice: "S'avrà avuto qualcosa." Guardate, guardate la progressione, direbbe il Pubblico Ministero. Io dico: guardate l'aggiustamento che serve a far quadrare una narrazione con dati oggettivi incompatibili con quella narrazione. Siamo in un contesto di buio totale, confermato anche dai testimoni sopraggiunti. E allora lui dice: "S'avrà avuto qualcosa per arrivare lì, per fare un po' di luce. Sennò..." E qui, no, ci arriva anche Lotti: 'sennò come si fa ad arrivare lì al buio?' E allora, giudicate voi, Signori Giudici. Stiamo parlando di dati, come dice la Corte Suprema di Cassazione, scusabili, di contraddizioni, errori e correzioni scusabili, di puro contorno, che fanno parte, diciamo, del bagaglio di fallacia e di debolezza della memoria umana, che è comune a tutti noi, o stiamo parlando di cose inammissibili? Perché riguardano il contesto dell'omicidio che sta per essere compiuto; e si sta parlando di un dato naturale: buio, o luce. E qui abbiamo uno che non sa niente. Perché dice prima buio, ma poi dice: '’mah, una luce l'avranno avuta'. Non ci si può spagliare su queste cose. Non ci si può correggere su queste cose. Quando si è capito che si è andati troppo oltre nella stupidità. Scusate, eh, perché di questo si tratta. Perché le bugie le raccontano i bambini che vanno all'asilo, e sono di un certo tipo. Le bugie le raccontano quelli che vanno alle scuole medie - avrete figli anche voi - e sono di un certo tipo. Poi le raccontano gli adulti e possono essere di un altro tipo. Chi non ha bambini piccoli, insomma, ecco... Io ce l'ho. La bugia che mi racconta la mia figliola di tre anni, è la bugia... e questa è la bugia di un bambino di tre anni. Non è neanche la bugia di un uomo adulto. E poi insiste, stesso contesto, stessa pagina, stessa udienza. Finalmente si è reso conto anche lui, no? 'io come faccio a dire che ho visto una serie di operazioni, una serie di cose, se la luce era buio totale?' Allora, aggiustamento progressivo non genuino. Dice: “Qualcosa di luce?" "Una pila, sì." Notate la "pila" - parola pila - interviene per la prima volta. Sono due anni, quasi, che sta parlando il Lotti. C'è un numero imprecisato, io non ne ho neanche fatto il conto, di verbali, di dichiarazioni. Dice: 'la progressione, prima non aveva preso ancora, diciamo, la deliberazione di parlare completamente. La piena del cuore frutto di un pentimento spontaneo e catartico e quindi di un desiderio di autoliberazione ancora non c'era stato, allora le cose le diceva a spizzichi e bocconi e non ha mai parlato prima della pila e della luce per questo… Mah, è un po' deboluccia. Perché, voglio dire, semmai, se prima doveva avere una preoccupazione il Lotti, era quella, come succede sempre, le abbiamo lette le massime della Corte Suprema, quella del chiamante in correità, essendo non un testimone, ma essendo un imputato, essendo un colpevole, confesso reo, è quella magari di limitare le sue responsabilità, no? Di dire: ma io ero lì, c'ero e non c'ero. Ho fatto il palo, non ho mai partecipato in modo particolarmente attivo... E questo è comprensibile. Allora, una progressione di rivelazioni che abbia, ecco, questa connotazione. Cioè, uno prima è testimone - e infatti, se non vado errato, lui all'inizio come testimone è comparso - e poi gli è stato contestato il concorso in questi delitti, l'associazione per delinquere. Perché è più spiegabile su un piano direi di logica elementare, anche questa deviazione umana. Cosa si diceva ieri? La confessione è una prova delicatissima, perché va contro natura – parole della Corte Suprema - va contro natura. Perché la natura dell'uomo è quella di respingere gli addebiti, di difendersi, non di accusarsi. Ecco perché è ima prova infida, che va riguardata con estrema attenzione. Allora io dico: la progressione del Lotti, di cui si parla tanto da parte dell'accusa, si spiega con riferimento a situazioni in cui lui deve minimizzare, per esempio, la sua partecipazione, l'attività della sua partecipazione. Ma situazioni di questo genere - perché lui di Vicchio ha parlato fin dai verbali e durante l'istruttoria prima del dibattimento - perché che motivo aveva di non parlare prima della pila elettrica e di parlarne dopo? Qui non si può spiegare con una progressione, con una rivelazione centellinata, perché questa non influisce sulla sua responsabilità, cioè sulla misura della sua partecipazione: la storia della pila elettrica se c'era o e non c'era. Questo è un aggiustamento. Siccome è insostenibile anche di fronte a un consesso di bambini delle scuole elementari, che uno abbia visto una dinamica di omicidio così complessa e articolata, fra l'altro, va bene, di duplice omicidio, in una situazione di illuminazione come quella che sappiamo, è insostenibile anche di fronte a un consesso di bambini delle scuole elementari che non ci fosse una fonte di luce, allora dice: eh, va bene, sì, è vero, non ci avevo pensato. Qualcosa... Notate anche il linguaggio, eh. Perché il linguaggio è importante: "Qualcosa di luce. Una pila." Sì, qualcosa.. . Non poteva mica dire una torcia come nel Medioevo, vero? Non so. Oppure una lampada a petrolio. Siamo alle soglie del 2000, sarà stata una pila elettrica. Non ci vuole un grande sforzo. E quindi diventa: "Una pila?" "Sì." "E quando sparavano" - gli si domanda - "a Vicchio?" Udienza del 5 dicembre, fascicolo 60, pagina 22. Perché, nella narrazione, c'è stato... Diciamo, nel succedersi dei movimenti dei protagonisti, c'è stato questo tornare indietro del Pacciani, prendere la pistola sotto il sedile della sua macchina, tornare verso l'auto dei ragazzi, i quali naturalmente stavano... loro recitavano la parte, no? Loro erano nella parte della vittima, quindi, giustamente, mica reagiscono in un contesto come quello che vi è narrato dal Lotti: stanno lì fermi per farsi sparare, ecco. E allora: "Quando sparavano" - dice - "che ha visto lei?" "Eh" - risposta a pagina 22 del 05/12 - "qualcosa avevo visto, una luce. Non luce dei fari delle macchine." Vorrei ben vedere, perché lo ha detto prima che erano tutti spenti. "Non luce dei fari delle macchine, una di queste cose per far luce." "Una di queste cose per far luce". Non ci ha neanche tanto il coraggio di chiamarlo col suo nome: pila. Il Pubblico Ministero ha fatto un po' di ironia a proposito del collega, il quale vi faceva notare, nel corso del dibattimento, che ci sono studi approfonditi sul linguaggio che hanno accertato questo: quando una narrazione non è genuina, quando una narrazione non è spontanea, l'uso di "cosa cosare", no? Ha tanto ironizzato il Pubblico Ministero. Io non sono un esperto di epistemologia, di glossologia, di fonemi, non so niente. Però un dato è certo, verificato da me nella mia relativa esperienza processuale; sicuramente dai Giudici togati nella loro ben più profonda esperienza processuale. Sintomo della genuinità di un racconto è anche l'uso del linguaggio. Perché se a un illetterato, no, come può essere il Lotti, noi gli vogliamo fare esprimere un concetto difficile, alto, è più che giustificato, che si impappini. Ma quando qui si tratta di chiamare una cosa col suo nome, e lui sistematicamente si rifiuta di farlo e dice "cosa, cosare...", questo è un sintomo di perplessità. Cioè, uno che ha paura a dir le cose, perché dice: 'Madonna, adesso ne sparo un'altra. Va a finire che mi ci attorciglio anche di più'. E allora dice: "Una di queste cose per far luce.” Ma che senso ha esprimersi così? Questa la offro, come direbbe il Pubblico Ministero, ve la offro così com'è. Io non ve la offro così com'è; la offro all'attenzione, all'esperienza specialmente di voi Giudici togati. E anche all'esperienza di vita quotidiana di voi Giudici non togati. I quali anche voi avrete le vostre attività, il vostro lavoro e sarete anche voi, nelle vostre attività e nel vostro lavoro, necessariamente - perché la vita è continua scelta, opzione - nella condizione di avere un interlocutore che si esprime in un modo o nell'altro e di apprezzare la differenza del modo di esprimersi. "Una di queste cose per far luce." E qui si arriva alla falsità, non alla inverosimiglianza, alla falsità obiettiva. Finora siamo arrivati agli aggiustamenti non genuini, che sono sintomo comunque di falsità del racconto; poi qui si arriva proprio al bianconero, che è bianco e non può essere nero. Domanda: "Vanni aveva una pila quando compiva le escissioni?" Gliel'ho fatta io questa domanda. Siccome lui ha parlato di pila, finalmente, dopo due anni che sta parlando, in un contesto di buio assoluto e ha parlato "Di queste cose per far luce", la domanda sorge spontanea, dice quello, ma insomma... Non si sa chi tiene la luce mentre quell'altro spara. Che fa? Pacciani spara, ma siamo in un contesto di buio assoluto; e Vanni, con la pila, oppure Pacciani con una mano ci ha la pila e con l'altra c'ha la pistola e spara? Perché siamo in un contesto di buio assoluto, eh. E questi sono stati presi, la povera Rontini, in testa, preciso, mortale. Anche il ragazzo è stato attinto. Quindi, qualcuno doveva pur avere qualcosa in mano. Allora, come ce l'aveva, Pacciani, una pila, e con l'altra mano la pistola, oppure lo guidava il Vanni con la pila elettrica e quell'altro sparava? Non si sa. Non interessa. Interessa, interessa a voi. A me in particolare interessava il momento ancora più delicato. Quello nel quale, proprio, se non c'è ima fonte di luce ferma, non si può fare quello che disgraziatamente è stato fatto. E quindi la domanda era: "Vanni aveva una pila, quando compiva le escissioni?" Risposta del Lotti: "Eh..." - e siamo sempre lì, no? apprezzate il linguaggio - "di notte, qualcosa gl'avrà..." "Ma come la teneva?" Ma come la teneva. Voi sapete tutte le ipotesi che si sono fatte, ipotesi di scuola. Qui non siamo per fare ipotesi di scuola, qui siamo per giudicare. E non si giudica mai in base ad ipotesi ed ai sospetti, ma in base ai fatti. E allora, la risposta era tale che lui poteva un momentino, in gualche modo, dare gualche risposta, diciamo, logica, comprensibile, diciamo, a una logica elementare. E invece risponde in un modo tremendo. Dice: "Vanni la teneva così in mano." Per esempio, lui poteva dire: ' no, guardi, c'era... siccome erano già morti i ragazzi, c'era Pacciani che gli teneva la pila’. Perché aveva finito la sua opera, no? Il "vicemostro" Vanni è quello che usa il coltello, secondo la... ecco, come diceva il giornalista: "Con le panze rasoterra e l'alito al Chianti, andavano a fare i Casanova, questi sessantenni, con le ragazze di 20 anni fidanzate. E quando queste gli dicevano di no, si vendicavano e le uccidevano." 

0 commenti: