martedì 22 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 3 marzo 1998 - Diciottesima parte

Segue dalla diciassettesima parte.

Avvocato Mazzeo: Le distanze a Vicchio. Dov'era Lotti, durante l'episodio omicidiario, come si dice, durante quello scannamento infame, dov'era Lotti rispetto a Vanni e Pacciani? Allora, Lotti dice prima, a pagina 62, volume I dell'incidente probatorio : "Io non ero lì vicino, ero un po' più lontano." E fin qui abbiamo capito poco tutti quanti. 'Ero vicino, ero lontano', concetti vaghi. Poi a pagina 26 del volume II dell'incidente probatorio dice: "Io ero a due-tre metri di distanza." Allora qui cominciamo a preoccuparci, perché due-tre metri di distanza non è lontano; due-tre metri di distanza è da qui al Vanni, o all'avvocato Filastò. Dire 'non sono vicino, sono lontano', lontano posso essere io rispetto al Presidente, per esempio. Quindi, lo vogliamo giustificare? E' una persona che si muove male, che ha scarse capacità di valutazione spazio-temporale. Ma poi continua a insistere. Pagina 15 del volume III, sempre dell'’incidente probatorio. Cioè qui siamo in un unico contesto di strumento processuale, eh, non è che... Perché, avesse detto 'io non ero vicino, ero lontano' nell'incidente probatorio; poi dopo otto mesi viene al dibattimento e dice 'no, ero a due-tre metri'. Va be', ha riflettuto, c'è stata una macerazione, uno sforzo mnemonico sincero, genuino, spontaneo, una valutazione, una ricostruzione mentale, fotografica del momento, delle sensazioni provate, eccetera e dice: no, ma che castronerie ho detto, non ero lontano, perbacco, ero a due-tre metri. E allora si spiega. Ma quando tu, nello stesso contesto, nello stesso giorno praticamente, siamo sempre volume I, volume II e volume III dell'incidente probatorio, mi dici sempre la stessa... dici tre cose completamente diverse, eh, allora io posso dire anche che tu, in base a questo soltanto non sei falso, Dio bono, come la peggiore delle monete false, ma sicuramente sei uno che come attendibilità va preso proprio con le molle. A decidere del destino delle persone sulle tue dichiarazioni è come mettere in mano, voglio dire, il pulsante della bomba atomica, Dio bono, a un bambino, ehi Allora lui dice, nello stesso contesto probatorio: "Io non ero lì vicino, ero un po' più lontano.” Pagina 62, volume I dell'incidente probatorio. Poi dice: "Io ero a due-tre metri di distanza." Che è una cosa completamente diversa, a pagina 26 del volume II dell'incidente probatorio. Poi dice: "Io ero a tre-quattro metri", va be', ora si è avvicinato troppo due-tre metri, allora si incomincia ad allontanare, diciamo tre o quattro. Pagina 15 del volume III. E poi, all'udienza del 3 dicembre dice: "Io ero a 10 metri, via. Ero a 10 metri." Pagina 17, udienza 03/12, volume 59. Io aggiungerei: come faceva a sentire i gemiti di quella povera ragazza? Lasciamo perdere, ne parlerà il collega di questo. Dico, ma vi rendete conto signori? Questa è la materia. È la materia umana. In questo senso forse comincia a diventare non troppo difficile il vostro compito, se vi fate guidare da un sano buonsenso. Per una volta sposo io l'aggettivo usato dal Pubblico Ministero, ma dopo aver pensato, dopo aver riflettuto, non esimendovi dal pensare e dal riflettere, eh. Lui vi ha detto: voi avete la forma, potete lasciar perdere la sostanza. Eh, no. Io dico il contrario: guardate la sostanza, lasciamo perdere la forma e vedrete che il risultato poi non è così insormontabile per dire che questo non è uno strumento di prova utilizzabile, in nessun serio processo civile. Era meglio quando facevano la tortura, allora. Magari un torturato, sia pure sotto i tormenti, poteva dire la verità. Perché, non ci poteva essere un torturato che dice la verità? E dirla in modo chiaro, consequenziale, logico, connesso. Questo vi dice melma, vi dice stupidaggini, vi dice banalità, vi dice cose da bar. Si parla tanto dei bar e magari si mette anche, si getta un'ombra tremenda, no, su un'intera comunità. Io questo non lo condivido affatto. Si fosse parlato di delitti mafiosi - scusatemi lo sfogo - di delitti mafiosi, va bene, di organizzazioni mafiose, di delatori, e allora veniva fuori, con tutto il rispetto per gli abitanti di Montelepre, che sono straordinari sicuramente, di antichissima civiltà, un ri ferimento, Dio sa la situazione omertosa di Montelepre, che è la patria del bandito Giuliano. Qui siamo nella valle del Machiavelli, o dove ha vissuto, dove ha scritto "Il Principe" Machiavelli, c'è la casa del Machiavelli a San Casciano, dove ha scritto "Il Principe" - nel faro di civiltà della Toscana e si getta il discredito su tutta \ma comunità, dicendo: 'eh, loro sapevano perché ne avevano parlato al bar'. E poi anche questa storia, ma Signori, ma io non posso credere. Ma che peccato abbiamo fatto per sentirci dire queste cose? Che il Pubblico Ministero creda veramente a quello che dice, quando dice: "Ne avevano parlato al bar Vanni..." no Vanni. "Ne avevano parlato al bar Lotti e Pucci che erano stati agli Scopeti." O quando mai? Quando mai il colpevole va, dopo il fatto - perché mi pare che lui si sia dichiarato colpevole, no? - va, dopo il fatto, nella immediatezza, a parlarne al bar. E lui si arrabbia con gli abitanti di San Casciano, o con i frequentatori del bar, che è la stessa cosa e dice: 'eh, lo sapevano tutti, avevano paura'. Qui c'è l'associazione a delinquere di stampo "merendistico", eh. Ma come si fa? Ma come si fa? Ne hanno parlato al bar. E da lì si inferisce, si chiama inferenza la deduzione logica: poiché ne hanno parlato al bar, ma l'abbiamo saputo solo 12 anni dopo, sono tutti degli omertosi, che non amano la verità. E si perde di vista la premessa del sillogismo. Ma come si fa a parlarne al bar di una cosa del genere? Ma chi ci crede? Al bar. Io posso capire: chiamo una persona. Al bar. Luogo pubblico. Contraddizioni. Beh, qui veramente si dovrebbe intitolare "palese falsità". Come fu uccisa la povera Pia Rontini a Vicchio. Dunque, la prima volta che si occupa di questo argomento, episodio omicidiario, come fu uccisa episodio centrale della ricostruzione del fatto. Non si può dire che le contraddizioni, gli aggiustamenti, le correzioni, o le falsità su questo aspetto - sempre seguendo l'insegnamento della costante Giurisprudenza della Suprema Corte e delle sue Sezioni Unite - sono elementi secondari, di contorno, in ordine ai quali è possibile concepire, ammettere e giustificare un errore, no? Come fu uccisa la Pia Rontini è il momento centrale dell'episodio. E quindi, su domanda del collega Santoni Franchetti, che chiede: "Cosa fa Pacciani? A chi spara per primo?" Tenete presente, ovviamente - voi avete presente, Signori della Corte - tutte le risultanze delle perizie medico-legali che sono acquisite agli atti, dei sopralluoghi, ce n'è più di uno: professor Maurri, professor De Fazio. Dunque, questo è l'estratto sulla causa della morte. No, no, io mi riferisco solo a come fu ucciso, non a tutta l'altra problematica che riguarda la Pia Rontini. Redatta dai dottori Mauro Maurri, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze: Mauro Maurri, Giovanni Marelli e Franco Marini. Dato certo, quindi, dato inconfutabile, incontrovertibile. C'è un cadavere, no? E quindi dice così: "Conclusioni. La Rontini venne attinta da due colpi d'arma da fuoco. Poi due colpi d'arma bianca, nonché venne mutilata." Eccetera, eccetera, eccetera. "Non vi fu alcuna possibilità di difesa..." "Venne attinta da due colpi d'arma da fuoco." Elementare, lo sanno tutti. Domanda al Lotti: "Come fu uccisa la Pia Rontini?" Chiede nell'incidente probatorio, volume II, la pagina qui non è stata messa; l'avvocato Santoni Franchetti. E' il volume II dell'incidente probatorio. "Cosa fa Pacciani? A chi spara per primo?” Lotti: "Bah, spara all'uomo." E qui ancora si può reggere, eh. Anche se in realtà le risultanze oggettive dicono diversamente, come voi ben sapete. Avvocato Santoni Franchetti: "L'uomo sparò anche alla donna, prima che il Vanni...", puntini, puntini. Lotti: "No." Non è che dice 'no, non l'ho visto, no so'. "No, sparò all'uomo e basta." Avvocato Santoni Franchetti, poverino, lui insiste: "E alla donna quand'è che ha sparato?" Perché noi sappiamo che - mi si scusi la reazione nervosa, puramente nervosa e di stanchezza - noi sappiamo che la signorina Pia Rontini morì, prima di tutto in conseguenza dei colpi di pistola e che i colpi di coltello inferti nella regione della gola di per sé non erano mortali, lo dicono le perizie medico-legali. Quindi il collega Santoni Franchetti insiste, dice: ma come è possibile che lino che dice che è stato e che ha visto, che ha partecipato facendo da palo, va bene, molto più di un testimone che magari era lontano, era... uno che ha partecipato, un correo, che preso da questa catartica piena del cuore, che vuole dire tutto, mi viene a dire una castroneria di questo calibro. Dice: "No, sparò all'uomo e basta". Sparò all'uomo e basta. Insiste il collega: "E alla donna quand'è che spara?" Addirittura la domanda è suggestiva, eh. Voglio dire, perché 'alla donna quando spararono', non dice 'ma alla donna spararono o no', doveva dire. Invece domanda: "Alla donna quando spararono?" Che presuppone - è una domanda retorica - presuppone 'spararono prima', 'spararono dopo', ma spararono. È una domanda che invita alla risposta: spararono. Sapete che risponde il Lotti: "No, la donna la portarono fuori." Domanda dell'avvocato Santoni Franchetti: "E alla donna quando spararono?" Risposta del Lotti: "No, la donna la portarono fuori." E l'avvocato Santoni Franchetti insiste con la domanda suggestiva e dice: "Ma insomma, le spararono dopo?" Tutte domande che presuppongono la risposta 'spararono'. Perché ha detto: "E alla donna quando spararono?" Poteva dire prima o dopo, ma doveva dire 'spararono'. Poi quando dice: "Alla donna spararono dopo?". Poteva dire si, no, ma sempre di sparare si sta parlando. Sapete cosa risponde il Lotti? "No, cominciò col coltello a tagliare." "No, cominciò col coltello a tagliare." E allora, il povero collega Santoni Franchetti, non sa più da che parte... E domanda: "Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?" Lo sta aiutando, gli vuol venire incontro, del resto è un legale di parte civile. Dice, ma buttiamola sul non ricordo, no? Quando uno le dice proprio grosse, ma via, su, di' che non te lo ricordi, così ci lasci un po' di materia anche a noi, per mettere la pezza che è peggio del buco. Ma notate la dialettica, sono sicuramente più avvezzi ovviamente i Giudici togati a questo tipo di dialettica. Queste sono le classiche domande da controinterrogatorìo, da controesame, sono le classiche domande suggestive, che sono ammesse solo nel controesame. Sono domande suggestive, che in gualche modo suggeriscono la risposta. Vietatissime nell'esame diretto, ovviamente, perché si inquina, no, si inquina la prova. E questo non sa più come fare, dice: "Ma gli spararono dopo?" "No" - dice - "cominciò col coltello a tagliare." Cioè la prese lui secondo... il "vicemostro". Che poi il "vicemostro", vero... uno che dice usava il coltello. E allora dice Santoni Franchetti: "Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?" Cioè, gli dà proprio l'estrema unzione, no? Dice, va be', dimmi che non te lo ricordi. Pagine 29 e 30. Ecco, ci sono le pagine. Dice, allora, pagina 29 e 30, del volume II dell'incidente probatorio, dice: "Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?" E sapete qual è la risposta, Signori? Cioè, proprio non l'ha colta questa. "No, alla donna no. No." Tre no. "No, alla donna no. No." "No, alla donna no. No." Io che devo dire? Che si dice in questi casi? Si dice che questa è una bugia, con molta serenità, senza arrabbiarsi, senza... Anzi, questo dovrebbe tenerci più tranquilli, no, Vanni? Si dice che questa una gigantesca bugia su un punto decisivo della causa e che chi dice le bugie è un bugiardo, e la gente non si manda in galera perché ci sono i bugiardi. Sono i bugiardi che devono andare in galera, è diverso. E non tenuti lì come i pulcini della stoppia. In galera devono andare. 

1 commenti:

Unknown ha detto...

Beh.....che dire ? Forse tra tutti i passaggi relativi al processo contro Mario Vanni, questo è quello che più di tutti dimostra la totale inattendibilità di Giancarlo Lotti, teste contradditorio, impreciso, incredibilmente smemorato, sciatto e superficiale ; ma soprattutto bugiardo. Se questi sono i testimoni chiave sui quali la nostra giustizia deve basarsi per comminare sentenze, stiamo freschi, ovvero siamo messi malissimo. Che sciagura !