mercoledì 27 maggio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 19 febbraio 1998 - Dodicesima parte

Segue dall'undicesima parte

P.M.: Dice di averlo conosciuto nell'estate '85 e di quell'estate ricorda: "Voglio aggiungere che ho avuto la sensazione che Giancarlo avesse qualcosa da nascondere. L'ho avuta quando eravamo soli; che però non aveva il coraggio di dirmi. Mi sembrava, in sostanza, che Giancarlo aveva qualcosa che gli rodeva dentro della quale, però, aveva paura lui. Gli ero vicina, gli dicevo che lo potevo capire, ma lui non sapeva se poteva fidarsi e raccontarmelo." Ora capite, noi non sappiamo l'oggetto di questo silenzio. E non possiamo altro che fare delle ipotesi. Però, nell'ambito delle ipotesi, gli elementi oggettivi sono: che la ragazza lo ha raccontato a noi tranquillamente di sua spontanea volontà. E che la ragazza ha percepito questo dato. Ora, pensare che il Lotti avesse un mistero che era quello, non so, che forse doveva pagare come a volte diceva per cambiare discorso, la rata della macchina o l'assicurazione, mi sembra non avrebbe portato una donna come Bartalesi Alessandra a oggettivizzare a noi e a voi questo racconto. Allora io vi dico: è quello che è, però nella storia di Lotti c'è questo passaggio, questa maturazione e questo rodersi dentro, questo voler dire e non dire qualcosa che non sa se ancora portarsi a lungo dentro. Qualcosa di cui si deve liberare, non trova la persona giusta a cui raccontarlo. Eh, io non vorrei sopravvalutare questo dato. Ci mancherebbe! Però non vorrei che passasse come un dato inesistente, inconsistente. È un fatto. Noi valutiamolo per quello che è, ma teniamo presente nel momento in cui si dice: Lotti sta zitto, Lotti parla. Ora lo sta per dire, ora lo dirà. Cosa ci dirà? E' una ragazza, per inciso, che ci racconta dei dati sempre obiettivi. Quindi Lotti lo ha conosciuto bene. Dice, ci racconta anche lei che ha difficoltà nei rapporti sessuali. Dice una cosa anche che, detta dalla Bartalesi, è un elemento che noi teniamo oggi presente per valutare Lotti. Dice: "Mi portò nella piazzola di Scopeti, conosceva perfettamente il luogo, comprese le radici degli alberi. E mi spostava, aveva paura che cadessi." Perché abbiamo visto, è portatrice di un handicap. Quindi, dice: 'mi ha portato lì, il luogo lo conosceva bene. Le radici degli alberi', ci dice la Bartalesi. Che è l'ultima persona che ci potrebbe fare questo racconto in un processo simile. L'ultima persona che ci può dare riscontro al Lotti circa la conoscenza di quelle esatte radici, dove poi era la tenda, o le radici lì nei pressi. Non è sicuramente quel metro, non sono i 10 metri, non sono i 20 metri, è il luogo Scopeti, dove lui va chissà perché con questa ragazza. La meraviglia della Bartalesi è nelle sue parole. Ma è un fatto anche questo. Allora, quando noi arriviamo a quella confessione famosa. Famosa perché oggi ha assunto le caratteristiche che ha assunto essenzialmente a carico della responsabilità di Lotti, abbiamo quasi la sensazione di poter credere che, in quegli anni, in quel momento, avesse qualcosa non dico sulla punta della lingua, ma era un tormento che non avrebbe tenuto ancora a lungo. Gli mancava solo la persona di cui fidarsi, gli mancava il momento. Aveva capito sicuramente che processi a Pacciani, Vanni che veniva interrogato, prima o poi si sarebbe arrivati a lui. Era un tormento che sicuramente non poteva tenere a lungo in una situazione che noi conosciamo di minacce reciproche, o comunque di telefonate come quella di Pacciani a Vanni che lo stesso Vanni ci ha raccontato. E quindi capite che, un Lotti, si trova in una situazione personale tale che sì, vuole nascondere, ma se poi arriverà un giorno qualcuno che glielo fa dire, o comunque qualcuno che si trova a contestargli qualcosa, probabilmente Lotti non si tirerà indietro. No, nel momento in cui si arriva alla confessione, il Lotti è lì, bello, tranquillo, duro. Non... Ci mette un po' a confessare. Finché non si arriva alla contestazione di tutti gli elementi che vi ho elencato: Pucci, Galli, Ghiribelli, telefonata, Nicoletti, si guarda bene, poi, nel confessare quella partecipazione a quell'appuntamento nella notte dell'8 settembre '85, le difficoltà non sono poche. Perché quello che c'è da dire è veramente grande, è veramente difficile. Altro che suggeritori! Io ritorno su quell'argomento. Perché è stato portato in quest'aula. Io lo voglio affrontare fino in fondo. In una situazione di questo genere si può correttamente, lealmente pensare a qualcuno che abbia suggerito a Lotti di dire qualcosa? Se avessi voglia, alzerei ancora la voce. Perché qualche volta è stata alzata. Ma i dati di fatto sono questi, non ho bisogno di alzare la voce. Come si può pensare che qualcuno abbia suggerito? Questo signor Lotti confessa e dice esclusivamente perché gli è stato contestato una serie di elementi oggettivi dalle quali non sa come venire fuori. Tutto qui, tutto qui. È una liberazione, non è una confessione. Ma come si può onestamente presentare a voi una ipotesi diversa? Ecco la confessione com'è parziale, frammentaria, reticente. Ma identificata in due parole sole: "Ero incastrato." Sono anni che lui sa che è incastrato, sono anni il Lotti che non sa come fare a venirne fuori; che prima o poi qualcuno gli renderà conto di quello che ha fatto. Teme che sia Vanni a parlare, teme che sia Pacciani; chiunque possa parlare, qualcuno che ha visto. Figuriamoci se pensava o sapeva, forse lo sapeva, chi lo sa? Ma ha parlato, perché incastrato, altro che pentito! In questa fase il signor Lotti, non solo è credibile, ma è persona che ha solo confessato. Vi ricordate quando all'inizio stamani vi facevo la differenza, ci sono due possibilità di confessione: la confessione spontanea, uno che si siede a tavolino e uno che invece confessa perché è costretto da emergenze e da indagini. È questa la... questo intendevo dire, a questo mi riferivo. Lotti non ha suonato il campanello di nessun investigatore, dicendo: 'beh, mi levo un peso perché la Bartalesi mi ci ha portato, o perché mi sono confessato, o perché a 50 anni io non resisto più a questo peso'. No. Si mette a sedere con difficoltà. Figuriamoci se ci si voleva mettere su quelle sedie della Questura di Firenze! Non mi ricordo se era in Questura, o se era in Procura. E comunque, su quelle sedie, perché qualcuno gli contesta: 'ma guarda, ma tu eri lì' - nessuno sa cosa avevano fatto - 'ma tu eri lì'. E lui, pian pianino, racconta. E quindi, quando Lotti dirà: "Ho dovuto ammettere ciò che oramai sapevano, ho dovuto ammettere che c'ero, mi hanno incastrato", signori, dice come sempre la verità il signor Lotti. Eh, questo è il senso di quelle due telefonate di cui avete la trascrizione, la telefonata con la Nicoletti e la telefonata con don Poli. "Ho dovuto ammettere che c'ero." Eccola la verità. "Quello è procuratore. Oramai l'ho detto. Se l'ho detto, è la verità." Ma insomma, è il linguaggio di Lotti. Cosa doveva dire all'amica Nicoletti? Quindi, anche la telefonata che vorrebbe essere presentata a voi come elemento di scandalo, di indagini... - mah, io non voglio usare termini che non voglio usare - è presentata: i fatti sono questi. Altro che pensare ad altro. Il Lotti, anche in quelle telefonate, dice la verità. Come si può onestamente, davanti a voi, distorcere il contenuto o la portata di quella telefonata, di quelle telefonate, trascritte o non trascritte. Facciamo, fate tutti il tutto quello che volete, ma è questo il contesto. "L'ho detto mi hanno incastrato": è vero, lo hanno incastrato. Un Lotti che usa il linguaggio che sappiamo, come ha fatto ad individuare così bene questo vocabolo, è così, perché è la verità, perché sa, sa quasi di, di film poliziesco. Mi hanno incastrato, è la sua logica.' Mi hanno incastrato, l'ho dovuto dire, che dovevo fare?' Però, c'è un però, no? È una riprova che questo signor Lotti si comporta come colui che ha incastrato e ammette ciò che gli viene contestato. Ecco, il punto fondamentale. Ammette ciò che gli viene contestato, non è un confesso, o un pentito che si mette a sedere. E' uno che ammette ciò che gli viene...tant'è che, in tutta questa prima fase, cosa fa? Ammette, esclusivamente, la sua partecipazione ai fatti dell'84, dell'85, e poi dell'84. Perché solo sui quei fatti, sia pure frammentariamente, abbiamo elementi da contestargli, qualcuno lo può incastrare. Abbiamo la possibilità di dirgli: 'guarda, nell'84, nell'85 è andato così. Nell'84 sappiamo che egli si ricontesta, 'ci sei andato in quella piazzola con la Nicoletti, ci sei andato con Pucci una settimana prima, hai riferito queste cose a Pucci, hai detto che poi ne avevate parlato con Vanni'. A questo punto, sempre su contestazione, Lotti, gradatamente, con le difficoltà che sono descritte in quei verbali, parla. Ma si ferma, si guarda bene di andare oltre ciò che gli viene contestato. Ecco, un altro elemento di forte oggettiva credibilità sostanziale delle sue dichiarazioni. Per carità, avrebbe ancora da dire di suo delle cose, le dirà, ma non le dice subito di suo. La sua confessione nasce da contestazione. Ma in queste ammissioni, per i soli 85 prima, 84 poi, sempre perché qualcuno gli dice 'guarda tu c'eri, ne abbiamo le prove'. Cosa fa? Minimizza fin che può la sua partecipazione. Anche questo è un atteggiamento che se uno continua ad usare la parola "inventasse", perché è stata portata in questo processo, io non la voglio assolutamente non usare. Se uno inventasse che bisogno avrebbe di stare a minimizzare la sua partecipazione.' C'ero, tanto devo dire così'. Abbiamo visto, bisogna vedere la confessione se qualcuno è stato indotto, se...vabbè potrebbe essere così. E allora, se così fosse, mi capite che non avrebbe senso che un Lotti si mettesse lì a fare distinguo: 'sì c'ero però, sì c'ero però'. E' un tutto un sì c'ero però. E, fin dai primi momenti nell'ammettere, fa quelle descrizioni, che poi gli sono contestate come contraddizioni. Perché' all'inizio dice "siamo andati nella piazzola nell'85, non li avevamo riconosciuti ci hanno minacciato, poi ci hanno voluto spara...ci stavano per sparare". Tutto una situazione in cui, fin che può, sta sempre più sulla strada - è un concetto ovviamente che uso per spiegarmi - cioè cerca in quei racconti di fare una partecipazione più simile possibile a quella che lui sa essere stata quella di Pucci. Cioè, 'io ero lontano, ho visto, ho intravisto, ma chi era, chi aveva'. Nel primo momento, noi avevamo paura, siamo stati minacciati, abbiamo visto poco, abbiamo intravisto... Reticenza costante, esitazioni, non certo una scelta volontaria. La scelta volontaria avviene subito dopo, cronologicamente nel tempo, un po' di tempo dopo. Ma all'inizio, il signor Lotti è una vittima. Si vuole dipingere come vittima, e questo è, come vi cercavo di dimostrare, un elemento forte per crederlo ancora di più. Perché non si siede e fa il racconto. Finché può, finché può, cerca di nascondere tutto ciò che può nascondere. Voi, degli omicidi dopo dell'83, dell'82...non sapete nulla. Io mi guardo bene, mi parlate dell'84, mi dite che ci sono stato, e non ve lo posso negare. Io, ovviamente, enfatizzo questo dato che voi avete, sapete che c'ero, e quindi ve la dico tutta. Ma, si guarda bene, fa...anche in una situazione in cui gli si fa capire che, è bene che la dica tutta la verità. Il suo difensore, in quel momento, gli fa capire che la deve dire, ci pensa, minimizza. Poi, finalmente, pian piano si decide e racconta 11 resto. Fa la confessione piena degli episodi, I così come sono avvenuti per quelli di cui aveva già parlato 84 e 85, e poi di quelli successivi: a 83 e 82, che Lotti ha raccontato dicendo che era presente nei modi che sappiamo. Cioè, solo ed esclusivamente in un secondo momento, ha modificato ulteriormente il suo comportamento. Perché ha capito - e in questo dobbiamo dargli atto che ha fatto una maturazione, una svolta sicuramente il difensore, se è stato il difensore, o lui stesso avranno avuto molto chiara la situazione - in quel momento, solo in quel momento, dopo tutte le contestazioni, ha raccontato fatti che assolutamente non conoscevamo. Presidente, io penso che oggi io mi potrei fermare qua, data l'ora. Vedo che sono venti alle due, e sicuramente io ne ho in abbondanza per tutta la mattinata di domani.
Presidente: Bene.
P.M.: Nel caso, ecco, vedremo... come orari come possiamo fare. Io, penso domani di riuscire a terminare. Però, vorrei far capire che ho necessità di andare molto lentamente e puntuale e loro...
Presidente: Si, lei si prenda tutto il tempo che vuole...
P.M.: ...loro, grazie Presidente.
Presidente: Eventualmente, abbiamo anche sabato mattina.
P.M.: Grazie. Volevo ipotizzare questa...
Presidente: Non c'è problema.
P.M.: ...questa situazione.  
Presidente: Okay. Allora, l'udienza è tolta a domani alle 9.30.
P.M.: Grazie.
Presidente: Nuova traduzione del Vanni. 
Avvocato: Signor Presidente, mi scusi. Eventualmente, se sabato mattina abbiamo degli impegni al Consiglio dell'Ordine.
Presidente: Non lo so se è sicuro, vediamo.
P.M.: Vediamo. Lo vediamo domani, nel caso rimanderei a sabato mattina...
Presidente: Io, io per far concludere il Pubblico Ministero, sono disposto anche a conclude...a fare il pomeriggio domani.
P.M.: Io preferirei eventualmente un'ora sabato mattina, comunque...
Presidente: Eh...tutto qui. 9,30, sì.
P.M.: Domattina 9.30.
Presidente: 9,30.
P.M.: Grazie.

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