mercoledì 5 giugno 2013

Gabriella Ghiribelli - Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 03 luglio 1997 - Terza parte

Segue dalla seconda parte.

P.M.: Benissimo. Senta una cosa, lei ci ha parlato anche, ha accennato che, in questa casa dell'Indovino,facevano delle riunioni. Lei vedeva qualcosa la domenica quando ci andava.
G.G.: Sì.
P.M.: Ci può spiegare meglio che riunioni erano? Ci ha detto prima chi vi partecipava, almeno chi ha visto lei. Lo volevo capire meglio, cosa - se ha visto queste riunioni – o se ha visto qualcosa che...
G.G.: No, un momento. Io non è che ho visto queste riunioni, specifichiamo.
P.M.: Bene.
G.G.: Io, quando andavo la domenica o il sabato sera, quando io tornavo dal mio lavoro, diciamo così, io mi fermavo lì da Salvatore, sempre con questa storia che dovevo fargli per forza la siringa perché stava male, no? Aveva questo tumore. E ho trovato tante volte una stella a cinque punte, dei ceri. Trovavo delle bottiglie vuote. Poi... Posso parlar volgare?
P.M.: Parli volgare, se serve.
G.G.: Addirittura dei guanti... Preservativi, come vu li chiamate. Addirittura trovavo tutte queste cose qui: ceri attorno a queste punte nere.
P.M.: Prego, prego.
G.G.: No, questo.
P.M.: Sul letto c'erano dei segni? C'era qualcosa?
G.G.: Sì, c'era... No spesso e volentieri c'era del sangue, ma quello... uno non ci può far nemmeno caso, perché ho pensato anch'io,a una donna gli sia venuto quel tipo... le sue cose. Però io ci ho trovato anche del
P.M.: Spesso?
G.G.: Spesso
P.M.: Quando?
G.G.: Sempre il sabato sera, o la domenica, quando passavo.
P.M.: Ma era nel letto della camera? C'era un letto solo...
G.G.: Sì, c'era un letto ad una piazza e mezza. Più c'era un lettino, anche.
P.M.: Questi segni lei li trovava nella camera, o nella...
G.G.: Sì, nel letto.
P.M.: E gli altri, queste...
G.G.: Questi segni?
P.M.: Sì, quelli del sangue abbiamo capito. Gli altri di cui ha parlato: candele...
G.G.: Sì. No, no, appena si entrava in casa di Salvatore. Appena si entrava in casa di questo Salvatore, c'è un'entrata enorme no, almeno... l'impiantito era di mattoni rossi, di questi vecchi, come si usava una volta, di questi cotti e c'era tutte queste... Appena si entrava c'era queste cose così.
P.M.: Senta, lei ha mai visto se c'era un cartello con delle lettere?
G.G.: Sì, io ho visto anche un_ cartellone.
P.M.: Ce lo può descrivere?
G.G.: Era un cartellone grande, come si può dire? Insomma, prendeva un tavolo si può dire.
P.M.: Un cartellone, di carta, di cartone.
G.G.: Di cartone era, sì. E c'era una lettera... Da una parte c'era un "Sì" e da una parte c'era un "No". Poi c'era tutte le, lettere dell'alfabeto e nel mezzo c'era sempre questa... una tazzina di caffè.
P.M.: Era su un tavolo?
G.G.: Su un tavolo. A volte sul tavolo, a volte l'ho trovato anche in terra.
P.M.: C'era...
G.G.: Poi guardi signore, invece di domandarlo a me, lo può domandare direttamente a Giancarlo perché...
P.M.: Non si preoccupi.
G.G.: ... glielo può confermare lui.
P.M.: Lo chiedo a Giancarlo.
G.G.: Mi scusi.
P.M.: Sì, sì, stia tranquilla. Siccome un cartellone simile è stato trovato e poi l'abbiamo fatto vedere alla Corte e corrisponde esattamente alla sua descrizione, volevo...
G.G.: Io gliel'ho detto, c'aveva tutte le lettere dell'alfabeto.
P.M.: Anche i numeri? Anche i numeri?
G.G.: Non me lo ricordo, ora in questo momento. Io mi ricordo soltanto che c'era tutte le lettere dell'alfabeto, poi c'era un "Sì" da una parte-, un "No" da un'altra i e una tazzina di caffè, vuota; però, ma sporca di caffè, nel mezzo.
P.M.: Ha mai chiesto a qualcuno a cosa serviva questo cartellone?
G.G.: No, perché non mi interessava. Cioè, quando una cosa non interessa non domandi nemmeno. Poi qualche cosa un pochino avevo intuito dal discorso che avevo visto, anche idi questa stella a cinque punte, questi ceroni grandi. Sicché ho detto, per me faranno...
P.M.: I ceroni erano molto grandi?
G.G.: Sì. Topo quelli che si usa per quando una persona è morta.
P.M.: Ah, ecco, ho capito, nei funerali.
G.G.: Di quelli grossi.
P.M.: E erano stati accesi?
G.G.: Sì, sì, sì. Accesi e spenti, perché io li trovavo spenti.
P.M.: Senta, ci può parlare di tutte le persone che lei ha a suo tempo memorizzato che frequentavano quella casa? Finora io ho capito: Vanni, Pacciani, l'Indovi...
G.G.: No. Cioè, il fratello di Salvatore, Sebastiano.
P.M.: Poi?
G.G.: Poi c'era un altro che viaggiava con un camper diceva che era un mago anche lui.
P.M.: Si ricorda come si chiamava?
G.G.: Io l'ho sempre chiamato il mago.
P.M.: Come lo conosce...
G.G.: Ma...
P.M.: Manuelito forse, Manolito, un nome così? Non lo sa.
G.G.: Non lo so.
P.M.: E questa persona era amico di Salvatore, era amico degli altri?
G.G.: Sì, sì. No, no, era proprio amico di Salvatore.
P.M.: E faceva il mago lui...
G.G.: Sì, sì, con un_camper veniva lì. Addirittura, devo dirle la verità, addirittura la Sil... Milva - Silvia - era stata credo per un certo periodo, fosse stata la donna di questo mago, penso.
P.M.: Come mai dice questo?
G.G.: Penso perché lei ne era innamorata veramente. Non faceva altro che parlare di questo mago, questo mago. E spesso, quando io passavo di lì, a casa di Salvatore, lei si chiudeva nel camper con questo mago.
P.M.: Ha in mente qualche altra persona? Il fratello di Salvatore come si chiama se lo ricorda?
G.G.: Sebastiano.
P.M.: Sebastiano.
G.G.: Poi c'è delle persone che erano di Prato. Ora i nomi di preciso...
P.M.: Tale Luciano lo ricorda?
G.G.: Luciano. Però... Poi c'era... lui frequentava una ragazza piuttosto grassoccia, mora, però non me lo ricordo il nome.
P.M.: Frequentava nel senso che la portava lì?
G.G.: Sì, sì, la portava lì, venivano lì.
P.M.: Poi, ricorda qualchedun altro? Erano tutti amici di Salvatore questi?
G.G.: Sì, sì. Tra l'altro io devo dire anche un'altra cosa: io Salvatore non l'ho conosciuto lì a San. Casciano
P.M.: Ecco. Dove l'ha conosciuto?
G.G.: Io l'ho conosciuto a Prato.
P.M.: Ci spieghi come mai.
G.G.: Tramite Sebastiano l'ho conosciuto, il fratello. Ed è stato proprio Salvatore che ci ha fatto trovare l'appartamento in Borgo Sarchiani.
P.M.: Ho capito. E come mai l'ha conosciuto a Prato? Lei frequentava Prato, ricorda in che epoca?
G.G.: Sì. Io mi sono separata nel '77, nel '78... tutto il '78 ho frequentato... non tutto il '78, i primi tre-quattro mesi del '78 ho frequentato Prato e di conseguenza la piazza stessa, gli amici...
P.M.: Piazza quale, scusi?
G.G.: Piazza del Duomo.
P.M.: Eh, di Prato. C'era qualche locale, qualche bar?
G.G.: Sì, c'era un bar.
P.M.: E lei al bar ha conosciuto Sebastiano?
G.G.: Sì.
P.M.: E veniva anche il Galli lì, o il Galli l'ha conosciuto dopo?
G.G.: Il Galli l'ho conosciuto in un secondo tempo, quando tornai. . . le ho detto, due o tre mesi sono stati a Prato, poi sono ritornata a Firenze e Roberto si avvelenò addirittura con dei funghi, era andato a mangiare a Mamma Gina, dice aveva trovato dei funghi... Insomma, conobbi Roberto, l'ho fatta la mia, insomma.
P.M.: Il Roberto Galli.
G.G.: Sì.
P.M.: Senta una cosa, lei sa se in questa casa di Indovino c'erano anche ragazze giovani, qualcuna...
G.G.: Sì, ce n'era tante minorenni.
P.M.: E chi ce le portava?
G.G.: O Sebastiano, o quello lì, quello là, Giancarlo anche.
P.M.: E dove le trovavano queste ragazze, lei lo sa?
G.G.: Non lo so. Io non posso mica andare...
P.M.: No, nel caso lei l'abbia saputo. Non si meravigli della mia domanda.
G.G.: No. . .
P.M.: Erano sempre diverse, o erano sempre le stesse?
G.G.: Parecchie erano... Ma parecchie le raccattavano a Prato loro, perché frequentavano questo bar, c'era il bar Rolando in piazza del Duomoe loro venivano tutti lì in piazza del Duomo.
P.M.: Tutti chi, scusi.
G.G.: Giancarlo, lui, poi veniva Sebastiano, Salvatore, Lucianino di Prato.
P.M.: Un certo Domenico Agnello le dice qualcosa?
G.G.: Cavolo, s'era amici.
P.M.: E chi era questo?
G.G.: Lui aveva una specie di... come si può dire? Di bancherella ma alto livello, di frutta in piazza mercatale.
P.M.: E veniva anche lui in via di Faltignano?
G.G.: Sì. Era amico di Salvatore.
P.M.: Sa che fine ha fatto questo Domenico?
G.G.: Macché!
P.M.: Non l'ha più visto. Senta un po', ma...
G.G.: A parte, di queste persone qui, devo dire la verità, io da quando mi sono smessa un po' non le ho più frequentate queste persone. Di conseguenze non so nemmeno se esistono ancora o non esistono, capito.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Io l'unica persona che so che esiste in questo momento l'è Giancarlo e Fernando, perché loro, fino a che non è stato...
P.M.: Implicato in questo processo?
G.G.: ... implicato in questa situazione lui. Lui fino al giorno, avanti l'era a mangiare da me.
P.M.: Ho capito.
G.G.: Perché quando a me mi sono venuti a domandare addirittura, sono venuti gli inquirenti, sono andati a domandarmi, dice: 'ma te hai visto qualche macchina? Qualche cosa, hai visto nulla?' 'Di dove?' Dice: 'degli Scopeti, perché Giancarlo ha fatto il tu' nome'. 'Ma che a scopo il mi' nome?' Dice... M'hanno domandato questa storia, dico: 'ma io lo dissi già all'epoca che ho visto una macchina rossa scodata perché non mi chiedete mai che tipi di macchine sono perché io delle macchine... però l'era rossa. Senonché, quando vengo a sapere dagli inquirenti che Giancarlo aveva implicato me, che poi praticamente. .. ora dopo fra parentesi lo dico anche quest'altra storia. Senonché dopo io telefono a Giancarlo. Telefono a Giancarlo a San Casciano e gli faccio: 'Giancarlo che puoi venire un attimo a Firenze, c'ho da parlarti?' Gli faccio: 'Giancarlo, come mai' hai implicato me? Non è che per caso fosse tua la macchina che ho visto quella sera allora? E lui mi risponde: 'perché, non ci si può fermare nemmeno a pisciare?' Con questo s'è dato là zappa sui piedi da sé,
P.M.: L'ha ammesso poi che era lui, quindi non c'è...
G.G.: No, io.....
P.M.: L'ha ammesso dopo signora, non si preoccupi.
G.G.: Io le dico quello che è stato detto e quello che è stato.. ..
P.M.: Al di là della zappa sui piedi. Lei di questa sera in cui vide questa macchina ricorda qualcosa? Come mai passava di li?
G.G.: Io passavo perché venivo a Firenze a fare... a lavorare, diciamo.
P.M.: Quindi, quando vide questa macchina dove si trovava, che ore erano, che...
G.G.: No, la macchina la vidi quando ritornai da Firenze..
P.M.: Quindi la sera, la notte.
G.G.: La sera.
P.M.: Dove stava andando lei?
G.G.: Stavo andando a San Casciano, a casa.
P.M.: Stava andando per caso da Indovino, non lo sa?
G.G.: M'ero già fermata perché ero lì. A venire da Firenze.
P.M.: La sera in cui toma a casa a San Casciano è sola, o è con qualcuno?
G.G.: No, io ero sempre col Galli.
P.M.: Col Galli.
G.G.: Con Roberto ero sempre.
P.M.: Ricorda grossomodo che ora può essere stata quando tornavate?
G.G.: Mah, io senta... più tardi di mezzanotte, undici e mezzo-mezzanotte non l'ho mai fatta in giro.
P.M.: Lei...
G.G.: Sicché, più o meno.
P.M.: Lei ricorda allora di aver visto questa macchina rossa, dice scodata e poi ha fatto quel discorso col Lotti che abbiamo saputo quelle cose. Lei di questa macchina ricorda come era messa? Se era verso, in direzio... in un posto particolare? 0 la ricorda per strada, vicino alla piazzo...
G.G.: No, no, l'era vicino alla piazzola, però il muso l'aveva per andare verso San Casciano aveva il muso. Lei si deve rendere conto Firenze, la zona capito? Però io probabilmente ho fatto anche una bischerata, probabilmente, secondo me. Perché io già il giorno avanti avevo detto a Salvatóre, a Indovino, dico: 'ma guarda c'è della gente'. Però non sapevo se era una persona o due persone o gente... Dico: 'c'è della gente che sta lì, nella piazzola, con una tenda canadese. Non hanno paura al buio?' Io lo dissi questo.
P.M.: A Indovino.
G.G.: A Salvatore. C'era altra gente, c'era anche gente di Prato, c'era Luciano, c'era quest'altre figliole che sono amiche di Luciano, una cosa e un'altra. Io lo dissi questo discorso due giorni avanti.
P.M.: Perché lei l'aveva vista nei giorni precedenti passando di lì questa...
G.G.: Sì, l'avevo già vista. Due giorni prima l'avevo vista perché io... ormai la strada l'era quella. Io da San Casciano non è che prendessi la superstrada, ormai facevo quella strada lì.
P.M.: Perché, per andare da Salvatore o a casa sua, era la strada più semplice? O perché...
G.G.: No, per evitare il traffico della superstrada. Di lì si passava meglio e si camminava meglio. Tomo a ripetere, all'epoca, perché io c'ho ancora da ritornare lassù, per dire.
Segue...

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