lunedì 28 febbraio 2011

Mario Vanni - Deposizione del 26 maggio 1994 - Seconda parte

Segue dalla prima parte.
P.M.: Lei sa se il Pacciani andava a caccia?
M.V.: Mah, io questo un lo so, non lo so io.
P.M.: Allora lei non l’ha mai visto andare a caccia?
M.V.: No io non l’ho mai visto.
P.M.: Ma lui gli ha mai raccontato che andava a caccia?
M.V.: Mah a me non m’ha mai detto di quest’affare della caccia…
P.M.: E’ sicuro? Io le contesto che in data 19 luglio ’90 lei ha detto il contrario…
M.V.: Com’ho detto?
P.M.: Lei ha detto: “Il Pacciani mi diceva che andava a caccia”.
M.V.: Può darsi sia così… io…
P.M.: No, scusi un attimo…
M.V.: Io non me ne rammento, ha capito…
P.M.: Allora non lo rammenta però quando lo disse se lo rammentava?
M.V.:
P.M.: Ha mai visto se aveva animali?
M.V.: Animali?
P.M.: Si.
M.V.: Ci aveva un cane.
P.M.: Lo adoprava… Gli ha mai detto se lo adoprava per andare a caccia?
M.V.: Mah io no, io l’ho visto sempre legato lì alla casa, lì vicino.
P.M.: Lei ha mai posseduto un vibromassaggiatore?
M.V.: Io si l’ho avuto.
P.M.: Sa se ne aveva uno anche Pacciani?
M.V.: Mah…
P.M.: Lei lo ha mai acquistato per Pacciani?
M.V.: Mah io un n’ho mai acquistato pe’ i’ Pacciani.
P.M.: Allora lei ha mai…
M.V.: L’avea avuto di suo lui.
P.M.: Lui ne aveva uno di suo ma non glil’ha…
M.V.: Di suo… io… io icchè deo dire?
Presidente: Si parla di vibratori, scusate…
P.M.: Si,si.
Presidente: Perché vibromassaggiatore…
P.M.: Vibratore, forse si parla… Volevo provare… Si, si… Volevo provare… Perché il teste dice un’altra cosa ancora, lo chiama in un altro modo, penso sia, per il teste, lo stesso oggetto. Sa se… Ricorda di aver mai acquistato un fallo di gomma per Pacciani? Lei…
M.V.: No, mai.
P.M.: Lo ricorda o non lo ricorda?
M.V.: Io no, non credo.
P.M.: Io le contesto che lei ha detto: “E’ vero che io avevo un fallo in gomma” così l’ha chiamato “che avevo ordinato tramite posta a seguito di inserzione che avevo letto su una rivista pornografica che avevo acquistato a San Casciano all’edicola di via Roma. Voglio precisare che di falli di gomma ne ho richiesti due in tempi diversi, uno di questi l’ho dato a Pacciani.” L’ha detto lei questo?
M.V.: Io non l’ho dato a i’ Pacciani io l’avevo per conto mio.
P.M.: Però lei ha dichiarato di averne dato uno a Pacciani e di averlo acquistato per lui, c’è qui questo verbale… Glielo contesto, chiedo poi l’utilizzazione. Lei ha anche aggiunto: “io li ho richiesti prima del 1980” cioè lo ha localizzato anche nel tempo, come mai?
M.V.: Come? Non ho capito, scusi…
P.M.: Lei ha anche detto che questi due falli li ha comprati nel modo che le ho letto e ha aggiunto: “I falli richiesti alla rivista li ho chiesti prima del 1980” evidentemente ha motivi di ritenere di ricordare la data, come mai ha detto così?
M.V.: L’avrò richiesto per me io
P.M.: Le ho detto ora che ne aveva richiesti due
M.V.: Mah…
P.M.: Ed uno l’ha dato a Pacciani, come mai ora non lo ricorda?
M.V.: Mah io non lo ricordo di avergli dato…
P.M.: Allora come mai alla Polizia ha dichiarato questo?
M.V.:
P.M.: Cioè, è così preciso… Eh? Dice addirittura all’edicola di San Casciano, “voglio precisare che ne ho chiesti due in due tempi diversi e uno di questi l’ho dato a Pacciani”
M.V.: Io non me lo ricordo. Per me si, ce l’avevo.
P.M.: E cosa ne faceva? A cosa le serviva?
M.V.: Eh?
P.M.: A cosa le serviva?
M.V.: Eh e mi serviva qualche volta quando andavo da qualche donna, siccome avevo la moglie malata, se la lo pigliaha gliene daho e sennò un gli daho nulla.
P.M.: E’ mai venuto il Pacciani con lei, come dice, “da qualche donna”?
M.V.: No io insieme alle donne con Pacciani non so’ mai stato, lo può dire.
P.M.: Ce l’ha mai accompagnato?
M.V.: Eh?
P.M.: Ce l’ha mai… Il…
M.V.: No non m’ha…
P.M.: Il Pacciani ha mai accompagnato lei…
M.V.: Non m’ha mai accompagnato il Pacciani.
P.M.: Andiamo in ordine. Senta una cosa, lei ha detto è stato a casa di Pacciani, a volte, ha mai visto se Pacciani aveva un fucile?
M.V.: Mah l’avrò anche visto…
P.M.: Cosa vuol dire “l’avrò anche visto” mi scusi?
M.V.: No, l’avrò visto.
P.M.: Che fucile… L’avrà, quindi l’ha visto. Che fucile era?
M.V.: Mah unno so io, io non me ne capisco di fucili.
P.M.: Lei sa com’è un fucile a due canne? Sa distinguere un fucile a doppietta da un altro?
Avvocato Bevacqua (fuori microfono): Quello a tre canne.
P.M.: E’ mai stato a caccia?
M.V.: Io mai, nè ha caccia né a…
P.M.: Ha mai visto una doppietta?
M.V.: … né a pesca io.
P.M.: Ha mai visto un doppietta? Va beh, lei andava… Ce l’ha già spiegato.
M.V.: Io levato che anda’ a fa’ qualche merenda, così…
P.M.: Si abbiamo già capito signor Vanni, va beh, e qualche bicchiere, via, tanto…
M.V.: Si.
P.M.: Questo lo possiamo dire, eh? Merende e bicchieri, qualche volta c’era quell’oggetto, faceva comodo. Senta una cosa io invece volevo parlare di fucili in casa di Pacciani. Lei ne ha già parlato…
Presidente: Signori silenzio.
P.M.: …”Qualche volta l’avrò visto” ora vorrei sapere da lei se ricorda che fucile era.
M.V.: No io non me lo rammento
P.M.: però lei alla Polizia ha detto come se lo rammenta… Glielo leggo, glielo contesto, se lo rammentava: “Io a volte andavo a casa del Pacciani all’inizio della conoscenza e verso il 1980 ho visto a casa del Pacciani un fucile a due canne tipo doppietta.” Se lo ricorda di aver detto questo?
M.V.: Si.
P.M.: Quindi era a due canne, una doppietta .
Segue...

giovedì 24 febbraio 2011

Mario Vanni - Deposizione del 26 maggio 1994 - Prima parte

 
Mario Vanni fu ascoltato il 26 maggio 1994 nel processo a Pietro Pacciani. Quelle che seguono sono le sue dichiarazioni.

Presidente: Introduciamo un altro teste
P.M.: Presidente, qui è una situazione un po’ anomala, fra malati e fra persone che non sono venute ci sono dei problemi comunque chiedo di introdurre il teste Vanni Mario
Presidente: Vanni Mario.
Presidente (fuori microfono): Ci terrà compagnia per un po’.
Presidente: nel frattempo magari Pubblico Ministero siccome il vanni non sarà molto breve…
P.M.: E’ quello che abbiamo tentato di fare, di ricercare perché alcuni testi non sono venuti
Avvocato Bevacqua: Si va a prendere un caffè? No?
Presidente: Sarebbe il quarto per lei le fa male.
A.B.: Per calmarmi, il caffè calma.
Presidente: Signor Vanni si accomodi prego, ecco sieda lì, sieda pure guardi, attento a non cascare per carità, ecco gaurdi… Si volti verso..
M.V.: Verso lei.
Presidente: Benissimo, molto bene, ecco, allora vuol dare le sue generalità? Vanni Mario nato a ?
M.V.: A San Casciano Val di Presa
Presidente: San Casciano Val di Pesa
M.V.: 23 dicembre di’ ‘27
Presidente: 3 dicembre 1927. Dove risiede signor…
M.V.: Come?
Presidente: Dove risiede?
M.V.: In Borgo Sarchiani, San Casciano Val di Pesa.
Presidente: Vuole leggere quella formula lì per cortesia?
M.V.: Si, si, consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.
Presidente: Benissimo, ascolti signor Vanni…
M.V.: Si.
Presidente: Il Pubblico Ministero deve farle delle domande e poi dopo gli avvocati, risponda prego.
M.V.: Si.
Presidente: Ci sente bene vero? Si?
M.V.: sentire, sento.
Presidente: Benissimo, prego.
P.M.: Signor Vagni che lavoro fa lei?
M.V.: Io sono stato a fa’ delle merende co’ i’ Pacciani…
P.M.: No, no scusi un attimo, un attimo
M.V.: O allora non ho capito.
P.M.: Vedo che qualcuno le ha già detto cosa deve dire.
Presidente: Forse non ha sentito. Guardi lei comincia male, sa perché? Lei comincia male perché sembra che venga a recitarci una lezioncina che s’è imparato prima, lei deve solo rispondere alle domande, a quello che le viene chiesto…
M.V.: Va bene.
Presidente: Non ci deve raccontare alcunché
M.V.: Si, si.
Presidente: Risponda puramente e semplicemente a quello che il Pubblico Ministero prima e i difensori poi le chiederanno, stia assolutamente tranquillo che qui nessuno la mangia, capito? Solo risponda.
M.V.: Si.
Presidente: Allora, ricominciamo.
P.M.: Signor Vanni qual è il suo lavoro? Che lavoro fa?
Presidente: Che lavoro fa?
P.M.: Che professione ha fatto?
M.V.: Sono in pensione, ero portalettere.
P.M.: Dove?
M.V.: A Montefiridolfi.
P.M: A Montefiridolfi
M.V.: Si.
P.M.: In che anni?
M.V.: Andetti ni ‘96
P.M.: E’ in pensione era portalettere a Montefiridolfi?
M.V.: A Montefiridolfi si.
P.M.: In che epoca?
M.V.: Eh sono stato ni ’96 son venuto via nell’87.
P.M.: E vuole un attimo fare mente locale agli anni? Cioè è venuto via nell’87 ed ha iniziato… E’ stato una diecina d’anni?
M.V.: Ci sono stato 22 anni.
P.M.: 22 anni. Quindi ’87… Nel ’66 è stato?
M.V.: Son venuto via, si, nell’87.
P.M.: E ha iniziato negli anni ‘60/’66 quindi…
M.V.: Si, si ’66.
P.M.: Ecco, per tutti questi anni lei ha fatto la zona, come postino, di Montefiridolfi
M.V.: Montefiridolfi.
P.M.: E abitava a San Casciano?
M.V.: A San Casciano Val di Pesa.
P.M.: Quindi lei tutti i giorni, per il suo lavoro, andava da San Casciano…
M.V.: Con la vespa
P.M.: Con la vespa. Per 22 anni?
M.V.: Davvero!
P.M.: E nell’87 è andato in pensione
M.V.: Non ho capito.
P.M.: E’ andato in pensione nell’1987.
M.V.: Si, di giugno.
P.M.: Senta una cosa signor vanni, lei ha conosciuto Pietro Pacciani?
M.V.: Si l’ho conosciuto
P.M.: Quando e come?
M.V.: Siccome faceo il portalettere lì, ha capito signor giudice?
P.M.: A Montefiridolfi…
M.V.: A Montefiridolfi io l’ho conosciuto così come conosco tutti quegli del posto.
Presidente: Certo, certo.
P.M.: Si ricorda in che periodo iniziò questa conoscenza? In che anni eravamo?
M.V.: Mah… Ora con precisione non me ne rammento.
P.M.: Quando lui venne ad abitare lì…
M.V.: Si.
P.M.: Più o meno…
M.V.: In Via S.Anna.
P.M.:In Via S.Anna. Conobbe anche la famiglia?
M.V.: Si.
P.M.: La moglie, le figlie…
M.V.: L’ho conosciuto così, si, si.
P.M.: Le ha conosciute così in che senso? Quando andava a portare la posta?
M.V.: Si quando gli andavo a portare la posta
P.M.: Quando portava la posta la dava a lui o alla moglie?
M.V.: No c’era la cassetta la mettevo dentro.
P.M.: Quindi con la moglie lei ha mai avuto occasione di fermarsi…
M.V.: No, io non ci ho avuto nulla…
P.M.: L’ha mai vista?
M.V.: L’ho vista qualche volta.
P.M.: L’ha vista in casa?
M.V.: Eh, l’ho vista in casa
P.M.: Le figlie
M.V.: Alla finestra
P.M.: Dalla finestra. Le figlie?
M.V.: Le viste l’ho viste anche quelle, in casa.
P.M.: Quindi lei è stato in casa?
M.V.: Si.
P.M.: E’ mai entrato in casa di Pacciani?
M.V.: Si ci sono stato.
P.M.:Per amicizia o per il suo lavoro?
M.V.: Per lavoro, portavo la posta…
P.M.: Quindi a volte aveva dei plichi da consegnare per cui era necessario entrare in casa…
M.V.: Eh, oh…
P.M.: E c’era lui o c’era la moglie e le figlie?
M.V.: No c’era le figlie e la moglie perché lui lavorava a’ i’ Rosselli non c’era.
P.M.: E quindi era… Senta una cosa, eppoi del Pacciani oltre questo rapporto, diciamo professionale,ha avuto anche un rapporto di amicizia? Siete diventati amici?
M.V.: Si a volte siamo andati a fa’ qualche merenda, così, vero? O a bere un caffè insieme, poi io altre cose, signor giudice, non ho fatto.
P.M.: Vediamo un attimo se ha un po’ di pazienza, perché lei l’ha raccontato talmente tante volte che forse non è proprio così. Vediamo un secondo… Senta una cosa, sa… Ecco, questo andare a fare qualche merenda col Pacciani come nasce? Pacciani che le dice: andiamo a… andiamo insieme o è stato lei ad offrirsi?
Avvocato Bevacqua: La domanda signor Pubblico Ministero.
P.M.: E’ stato lei..
M.V.: E’ stato lui, gli è stato lui a dirmi: si fa una merenda, facciamo una merenda, io… A bere un po’ di vino insieme, poi altre cose…
P.M.: Perché lei lavorava la mattina…
M.V.: si.
P.M.:…quindi le merende il pomeriggio?
M.V.: Si ma io lo vedevo la domenica perché il girono di lavoro gli era sempre a lavorare.
M.V.: Bene
P.M.: La domenica o anche il sabato?
M.V.: Eh?
P.M.: La domenica o anche il sabato?
M.V.: No parecchie volte la domenica
P.M.: Qualche volta anche il sabato?
M.V.: Eh può darsi di certo.
P.M.: Per le feste?
M.V.: Si.
P.M.: Cioè la domenica, qualche volta il sabato, nei giorni di festa…
M.V.: Anche il sabato, si.
P.M.: Capitava spesso di andare a fare queste merende o queste gite il giorno?
M.V.: Insomma ogni quando in quando siamo andati a fare qualche merenda.
P.M.: “quando in quando” per lei quando è? Cioè con che frequenza?
M.V.: Come?
P.M.: Lei dice di quando in quando….
M.V.: Si ma mica sempre!
P.M.: Cioè lei passava… Come vi mettevate d’accordo? Se lei andava a portare la posta e lui non c’era come glielo dava l’appuntamento? V’incontravate…
M.V.: Veniva lui a San Casciano a volte
P.M.: Veniva lui a trovarla dove? A casa?
M.V.: Mhm.
P.M.: E fissavate o quando veniva uscivate e via?
M.V.: No quando veniva s’andava a fa’ qualche merenda, così.
P.M.: Cioè le diceva: vuoi venire si va a fare qualche merenda?
M.V.: Mhm
P.M.: Non fissavate di volta in volta, quando capitava lui lei andava?
M.V.: Si un si fissava mica… Veniva su a San Casciano dice: - Si va a fa’ merenda - Andiamo. A volte si bevve un bicchiere di vino lì alla Cantinetta a San Casciano.
P.M.: A San Casciano. A volte andavate altrove?
M.V.: Eh siamo stati anche fuori.
P.M.: Dove fuori? Ricorda qualche posto?
M.V.: Eh siamo stati a Valigondoli…
P.M.: Poi?
M.V.: Eh siamo stati a S.Donato in Poggio una volta a una festa.
P.M.: A San Donato in Poggio?
M.V.: Si.
P.M.: Dov’è San Donato in Poggio?
M.V.: E gli è passato là Tavarnelle
P.M.: E andavate in macchina? In autobus?
M.V.: No in macchina si andava.
P.M.: Lei ha una macchina?
M.V.: No ce l’aveva lui.
P.M.: Guidava lui?
M.V.: Guidava lui. Io non la mando… Non l’ho mai mandata la macchina.
P.M.: Non ha mai mandato la macchina. Che macchina aveva lo ricorda?
M.V.: Mah, una Cinquecento allora so…
P.M.: Di che colore?
M.V.: Eh?
P.M.: Di che colore?
M.V.: Chiara.
P.M.: E la guidava lui?
M.V.: La guidava lui.
P.M.: Aveva anche altre macchine che lei sappia? Altre tipo di vetture?
M.V.: Mah, a quell’epoca lì no.
P.M.: Quando l’ha co… Lei è mai stato con Pacciani su auto diverse dalla Cinquecento?
M.V.: Moh
P.M.: Una Ford Fiesta la ricorda?
M.V.: Si l’aveva, dopo.
P.M.: Lei è mai stato su quella macchina? Con Pacciani?
M.V.: Ci sono stato una volta
P.M.: Una volta sola.
M.V.: Una volta mi pare
P.M.: Guidava sempre lui?
M.V.: Si io un la mando la macchina
P.M.: Si ho capito. C’era… Qualche volta si univano amici diversi o andavate solo voi due?
M.V.: Noi due siema andati
P.M.: Mai nessun’altro?
M.V.: Mah, una volta venne un certo Simonetti, ora gli è morto, il maresciallo…
P.M.: E chi era questo maresciallo?
M.V.: Eh?
P.M.: Chi era questo “certo Simonetti”?
M.V.: Stava a Mercatale gli era un maresciallo in pensione
P.M.: Era amico suo, di Vanni, o amico di Pacciani?
M.V.: Era amico di Pacciani di molto.
P.M.: Di molto. Lei non lo conosceva
M.V.: Si lo conoscevo un po’ così.
P.M.: Allora Pacciani qualche volta veniva da lei con questo maresciallo o…
M.V.: Ci si trovava in paese.
P.M.: Vi trovavate in paese.
M.V.: Si.
P.M.: A casa sua?
M.V.: No anche lì alla Cantinetta
P.M.: Dove vi trovavate a bere?
M.V.: Si.
P.M.: Il pomeriggio? La sera?
M.V.: Si
P.M.: A volte anche la sera?
M.V.: La sera si, la mattina no.
P.M.: Allora mi scusi, per lei cos’è la sera? Il pomeriggio o anche la se… pomeriggio tardi o la sera dopo cena?
M.V.: No dopo… No di giorno
P.M.: Sempre di giorno non la mattina il pomeriggio.
M.V.: Dopo desinare, così a fa’ una merenda, poi io altre cose…
P.M.: Senta una cosa signor Vanni e qualche altra persona c’era? A volte? Che veniva con voi?
M.V.: No, io…
P.M.: Andavate in genere lei e Pacciani, qualche volta, anzi se non ho capito male una volta sola a far merenda è venuto anche questo maresciallo.
M.V.: Si.
P.M.: Invece a bere alla canti netta a volte c’era anche questo maresciallo?
M.V.: Si, c’era anche lui.
P.M.: Vuole un attimo ripetermi, perché non l’ho capito bene, dove andavate a fare queste merende?
M.V.: Gliel’ho detto.
P.M.: Me lo ridice per cortesia?
M.V.: Si glielo ridico, a coso… A Varigondoli siamo stati e a San Donato in Poggio e poi anche lì alla Cantinetta a bere un bicchier di vino a San Casciano… mah…
P.M.: Questi sono i luoghi dove andavate normalmente?
M.V.: Si, io…
P.M.: Senta una cosa, accantoniamo ‘st’argomento ci ritorniamo fra un po’.

mercoledì 23 febbraio 2011

Giuseppe Alessandri e Nino Filastò - Intervista su La Stampa - 28 gennaio 1996

Alla viglia del processo di appello a Pietro Pacciani il quotidiano La Stampa pubblicò l'intervista che segue a Giuseppe Alessandri, autore del libro "La leggenda del Vampa" e Nino Filastò, avvocato e scrittore fiorentino.
Nel processo di primo grado ha deciso che Pacciani sia colpevole. E' nel giusto?
G.A.: Sì. Perché il processo ha visto la disfatta di Pacciani e della sua linea difensiva.
N.F.: No. La sentenza ha condannato un innocente. Ma l'errore non riguarda la legge: sta nell'avere dimenticato l'esistenza di altri indizi a mio parere più gravi e precisi, che instradavano le indagini in una direzione ben diversa da Pacciani. Perché il giudice di primo grado non li ha considerati? Perché nella sentenza non ha neppure accennato a un bilanciamento fra indizi a carico e quelli a favore, vale a dire epici dati processuali, anche di valore scientifico, che indicano una persona diversa? La risposta indica l'errore di fondo della sentenza. E' un tipo di errore che il filosofo pragmatista americano William James (fratello dello scrittore Henry James) definisce col termine fallacia. Ed è la conseguenza di un difetto di impostazione in cui il ricercatore carica l'oggetto della ricerca di personali e collettive inibizioni o aspettative. A causa di esse lo trasforma idealmente, rendendolo omogeneo a quelle indizioni o aspettative. Qualche cosa del genere accade col mostro di Firenze: molti indizi indicano una persona intelligente, discreta cultura, ceto medio, dotata di mezzi, integrata nell'ambiente cittadino che ha dimostrato dimestichezza con la stampa o addirittura con organi polizieschi o giudiziari. E forse ha una famiglia. Costui, con tutti i crismi della sana normalità è contemporaneamente uno dei criminali più spietati, freddi, efficienti e pericolosi apparsi nel nostro Paese in questo secolo. Un simile quadro, ipotetico ma attendibilissimo, incontra difficoltà, prima di tutto di natura psicologica, ad essere ammesso. La ricerca degli inquirenti ha modificato il suo oggetto, "creando" un personaggio antitetico, cioè un individuo povero e brutto, in rivolta perenne col mondo, rozzo, violento, sporcaccione, emarginato, una specie di fauno boschivo, un individuo passionale già dichiarato omicida con sentenza passata in giudicato: Pacciani, insomma.
Quali i punti fondamentali presentati dall'accusa e quali dalla difesa? E sono credibili? 
G.A.: L'accusa ha puntato tutto sui pesantissimi indizi rappresentati dagli oggetti sequestrati a Pacciani e risultati appartenuti ai due giovani tedeschi assassinati dal maniaco nel 1983 a Giogoli e dalla cartuccia rinvenutagli nell'orto e incamerata nella Beretta 22 del mostro. Le innumerevoli testimonianze tutte a sfavore, il naufragio degli alibi e la risibilità delle giustificazioni hanno fatto il resto.
N.F.: Il raffronto fra le caratteristiche dei delitti e il personaggio del contadino mugellano rende incredibile l'ipotesi Pacciani. Le indagini prima e la sentenza dopo manifestano una inaccettabile banalizzazione degli omicidi commessi dal serial killer di Firenze. Banalizzazione che appare, per fare un esempio, perfino nel titolo del libro del dottor Ruggero Perugini, già responsabile della Squadra antimostro della questura fiorentina: "Un uomo abbastanza normale". Non si tratta di trovare una persona violenta, ma uno psicopatico violento in un certo specialissimo modo. Non un perverso sessuale, bensì un sadico, afflitto da impotenza e da un grave disturbo della personalità da cui gli deriva una generale inibizione ai rapporti sessuali, di qualsiasi natura essi siano. Non una persona che, a causa di un tradimento, nutra del rancore verso una donna, ma un odiatore di tutte le donne del mondo. Pacciani non è uno psicopatico e vive per appagare la sua sensualità: il sesso praticato in misura superiore a certi standard di moralità e normalità è per lui fonte di appagamento, alla stregua della roba che accumula, del cibo, del vino. Nel "Pacciani innocente", ho insistito sul contadino Pacciani, il quale vede sì le donne esclusivamente in questa l'unzione di appagamento, le considera oggetto di possesso ma non le odia. L'uccisione dell'amante occasionale della Bugli è un comune omicidio passionale. La cartuccia nell'orto, come l'auto vista agli Scopeti in corrispondenza dell'omicidio della coppia di francesi, indicano che qualcuno ha contaminato la prova a danno di Pacciani: ne è prova l'episodio dell'asta guidamolla, la lettera anonima che l'accompagna e altri scritti anonimi a torto trascurati nel corso del processo di primo grado. Il blocco da disegno: la Corte d'Assise ha ignorato come dal prezzo si deduca che l'oggetto sequestrato a Pacciani è stato posto in commercio dopo l'omicidio dei due giovani tedeschi. Da tracce obiettive reperiate sull'auto di Pia Routini si ricava l'altezza del mostro: 1,85. Dato ineliminabile che costringe il giudice di primo grado a congetturare la presenza di un complice.
Pacciani ha sempre negato tutto. Perché? 
G.A.: Perche la menzogna e la dissimulazione sono il suo pane. Anche al processo per il delitto del '51 si comportò così: è tipico di chi sa di avere la coscienza sporca e vede tranelli dietro ogni angolo.
N.F.: Pacciani mente su un solo punto: quando nega di essere un guardone. Molti suoi guai cominciano da lì. Pacciani guardone in veste di esterrefatto osservatore ha incrociato il mostro nell'occasione del duplice delitto dei tedeschi. Per questo il mostro lo odia e ha seminato indizi a suo carico: odia i guardoni, come non tollera le coppie che involontariamente si esibiscono amoreggiando in auto. Pacciani nega perché in carcere gli hanno insegnato a negare tutto, e perche teme di aggravare la sua posizione.
Sul verdetto della corte d'Assise hanno inciso la vicenda delle violenze a cui Pacciani aveva sottoposto le figlie e la presenza della tv in aula? 
G.A.: Più che il fatto in sé devono aver influito sulla corte certe modalità: Pacciani stuprava le figlie anche nei boschi e anche di notte, tormentava loro la mammella sinistra, prediligeva i peli dei pube, spiava le coppiette. E ha dato l'impressione di un commediante.
N.F.: Nel processo d'Assise la vicenda delle violenze è stata enfatizzata e che abbia influito negativamente sul verdetto è sicuro, basta leggere la sentenza. Com'è sufficiente rammentare la sequenza della testimonianza delle figlie, per capire quale nefasta influenza, sotto il profilo della suggestione, abbia avuto il processo spettacolo a discapito del processo civile e giusto. Sì, l'intervento della telecamera e stato un episodio di bassa civiltà.
Le rigature sui proiettili della «Beretta calibro 22» sono la «firma» dell'assassino. Che fine ha fatto quell'arma? E se ha ucciso in 16 occasioni, perché Pacciani non la impugnava anche la prima volta? G.A.: Probabilmente se n'è disfatto una mattina di febbraio del 1992, elusa la sorveglianza dogli agenti; ma l'arma potrebbe ancora trovarsi seppellita da qualche parte. Ne "La leggenda del Vampa" tendo a dimostrare che anche la notte del 21 agosto 1968, a Signa, sparò lui.
N.F.: Ignoro se l'arma abbia fatto una qualche fine. Può essere ancora nelle inani del mostro autentico. Ha ucciso in tutte le 18 occasioni, impugnata ogni volta dalla medesima persona: questo mi pareva uno dei pochi dati certi ricavabile dalle indagini. La sentenza di primo grado sconvolge anche tale certezza ed è una contraddizione non da poco.
Dal 1985 il «mostro» non ha più ucciso. Perché? 
G.A.: Poiché Pacciani venne perquisito dai carabinieri il 19 settembre 1985, 11 giorni dopo il delitto: l'aveva scampata bella, s'impaurì e appese la pistola al chiodo.
N.F.: Il mostro dopo il 1985, e mentre Pacciani era in carcere, ha assassinato Francesco Vinci e il suo servo pastore e la figlia dell'amante di Pacciani con il figlioletto. I delitti, a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro, sono stati commessi con identiche modalità. Pero non è stata usata la famosa Beretta. Perché? Forse il mostro ha deciso di non "firmare" più. In un anonimo del 1985, a mio parere scritto da lui, si dice "Non commetterò più errori". Firmare un delitto, dal punto di vista dell'assassino, è un orrore.
E allora, perché ha sempre voluto farsi riconoscere? 
G.A.: Soprattutto ha avuto la presunzione di ritenersi ormai invincibile e ha quindi commesso gli orrori tipici di chi sottovaluta la mutevolezza della fortuna.
N.F.: La spiegazione sta nella sua contorta psicologia. Da quale punto di vista? Discorso lungo: ma quale esso sia, il motivo non collima con la personalità di Pacciani.
Rif.1 - La Stampa - 28 gennaio 1996 pag.11

martedì 22 febbraio 2011

Mario Lasagni - Deposizione del 26 maggio 1994

 
Mario Lasagni fu ascoltato il 26 maggio 1994 nel processo a Pietro Pacciani. Quelle che seguono sono le sue dichiarazioni.

Presidente: Ecco allora un altro teste, si accomodi prego. Le sue generalità per favore?
M.L.: Lasagni Mario, nato a Firenze, il xx aprile 1928.
Presidente: Residente?
M.L.: A Firenze, via Xxxxxx Xxxxxxxx, 38.
Presidente: Vogliamo fargli leggere quella formula per cortesia
M.L.: Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.
Presidente: Bene. Risponda prego alle domande del Pubblico Ministero.
P.M.: Signor Lasagni lei ha detto abita a Firenze se non ho capito male.
M.L.: Si.
P.M.: Ma ha mai abitato o avuto case in campagna?
M.L.: Si.
P.M.: Dove?
M.L.: Allora in località S.Anna prima di entrare a Mercatale e poi in fondo chiamato Terzona di proprietà del… Beh, ora ve lo dirò… Non mi viene in mente.
Presidente: Va bene. Le rinfreschiamo poi la memoria.
M.L.: Rosselli Del Turco.
Presidente: Rosselli Del Turco.
P.M.: In che epoca? Lo ricorda?
M.L.: Si più o meno nell’80 a S.Anna sopra, poi lasciammo quella casa lì e andammo giù in Terzona sarà stato l’81 e siamo stati fino all’83, alla fine dell’83.
P.M.: Era una casa dove lei andava… quindi una seconda casa?
M.L.: Si ci andavamo soltanto la domenica.
P.M.: Con la famiglia? Con gli amici?
M.L.: Con gli amici, bravo si.
P.M.: Quindi andavate solo la domenica o…
M.L.: Solo la domenica e verso le sei e mezzo, le sette, a seconda delle giornate si faceva più tardi e si tornava a casa, quando si poteva andare…
P.M.: Mentre d’estate tornavate via a buio, più tardi?
M.L.: Si, più o meno… A buio mai perché fino alle nove l’era sempre giorno.
P.M.: Al massimo alle nove/nove e mezzo
M.L.: Si, si, si.
P.M.: Senta una cosa in queste sue visite a questa casa ha conosciuto il Pacciani?
M.L.: Si.
P.M.: Come mai?
M.L.: E’, stava di fronte di casa.
P.M.: Ecco stava di fronte
M.L.: Anche a non volere… Ho parlato molte volte con lui… così…
P.M.: Con i familiari? Le figlie? La moglie?
M.L.: Mah con la moglie e la figlia abbiamo parlato poco.
P.M.: Come mai?
M.L.: Non uscivano quasi mai.
P.M.: Nemmeno la domenica quando voi andavate lì?
M.L.: Era molto difficile che uscissero, anzi un paio di volte siamo riusciti a chiamarle e a portarle dove si mangiava su il parto, qualche biscotto o qualche cosa, però dopo un pochino andavano via…
P.M.: Come mai questo atteggiamento? Glielo avete chiesto?
M.L.: Glielo abbiamo chiesto si, loro non dicevano niente.
P.M.: E cosa vi hanno risposto?
M.L.: Si capiva che l’avean paura, non so perché forse…
P.M.: Paura di voi?
M.L.: No di noi no.
P.M.: Paura di chi allora? Chi c’era?
M.L.: Penso del signor Pacciani.
P.M.: Ma era presente?
M.L.: No, no, no.
P.M.: Avevano paura anche selui non c’era?
M.L.: E infatti… No paura, avean paura di escire
P.M.: Di uscire?
M.L.: Almeo quello che…
P.M.: …che avete capito voi. E il Pacciani lo vedevate uscire?
M.L.: Siii ci ho parlato tante volte del più e del meno…
P.M.: E lo vedevate tornare?
M.L.: No, quello difficilemente, ora sa… A parte…
P.M.: Cioè quando andavate via voi la sera normalmente lui non era ancora rientrato, è questo?
M.L.: Si questo si, più o meno così però a volte…
P.M.: A volte tornava.
M.L.: Non potrei giurare perché l’abbiamo visto anche di giorno.
P.M.: Cioè in parole povere queste donne erano impaurite, anche se lui non c’era…
M.L.: Si, noi… Io… Almeno personalmente penso che fossero impaurite perché non doveano escire di casa, perché sennò non era possibile
P.M.: Perché lui a volte l’avete visto tornare all’improvviso? Non lo so…
M.L.: No.
P.M.: Erano impaurite indipendentemente dalla sua presenta
M.L.: Penso che lui non volesse che stassero fuori, che vedessero persone, poi naturalmente…
P.M.: … il motivo lei non lo sa. E in queste domeniche, quando voi andavate via, normalmente lui non era rientrato?
M.L.: No.
P.M.: D’estate era… Fino… Insomma fino all’ora… Lei ha detto le nove… Finchè non faceva buio…
M.L.: Finche non faceva buio.
P.M.: Era il vostro modo di…
M.L.: A volte siamo andati via prima…
P.M.: Raramente l’avete visto rientrare…
M.L.: Si.
P.M.: Senta una cosa, fra le persone che erano con lei cosa c’era? Sua moglie, degli amici?
M.L.: Si, moglie e amici.
P.M.: E la signora Ceccarelli Miranda chi è?
M.L.: La signora Ceccarelli Miranda è vedova del signor Anichini
P.M.: E’ una vostra conoscente?
M.L.: Si un’amica proprio…
P.M.: Senta una cosa, a lei il Pacciani ha mai offerto animali da imbalsamare o imbalsamati?
Avvocato Bevacqua: Domandiamolo a lei Presidente.
P.M.: No a lei signor Lasagni.
A.B.: Va bene.
M.L.: No a me no, personalmente no, ma non credo che… Mi sembra una volta questa signora Miranda…
A.B.: Lo domandiamo alla persona.
Presidente: No, no, no, no.
A.B.: Va bene, va bene.
P.M.: Un attimo, io lo domando poi… le sembra che la signora Miranda Ciccantelli…
M.L.: Si perché la signora avesse una donnola, non son sicuro se era codesto animale e che sembra che il signor Pacciani gli abbia detto: se vuole gliela imbalsamo.
P.M.: Tutto qui.
M.L.: Poi non è che lo ricordi tanto perché io ho avuto dieci anni terribili e ho perso anche un po’ la memoria, comunque ci son delle testimonianze fatte, mi sembra, un paio…
P.M.: Si, si, si ma io volevo sentirlo da lei quello che ricorda. Non ho altre domande, grazie
Presidente: Signori avvocati di parte civile? Nessuna domanda. Prego i difensori.
Avvocato Bevacqua: Nessuna domanda.
Presidente: Bene, può andare grazie, buongiorno.
M.L.: Buongiorno.

lunedì 21 febbraio 2011

Rolando Castrucci - Deposizione del 26 maggio 1994 - Seconda parte

Segue dalla prima parte

Presidente: Signori avvocati? Nessuna. Allora avvocato Bevacqua. L’avvocato vuol farle qualche domanda anche lui.
A.B.: Ma più che farle domande io mi permetto di rileggere quello che lei disse
P.M.: Mah, non lo so…
A.B.: Faccio le domande.
P.M.: Grazie. Sennò lo leggo io.
A.B.: Di fatti lo leggo io. E dunque lei come fu chiamato? Da chi fu chiamato? E perché fu chiamato?
R.C.: In dove?
A.B.: E non lo so me lo dica lei dove. Cioè in questa veicenda, per questa vicenda
Presidente: Fu chiamato da chi? Carabinieri, Polizia, vuol dire l’avvocato, per deporre, per testimoniare, per raccontare quello che sapeva.
R.C.: Sono andato, si, dai Carabinieri ma mi ci hanno portato la Polizia, dai Carabinieri.
A.B.: Ecco il primo contatto che lei ha avuto con loro è stato di sua iniziativa oppure su iniziativa dei Carabinieri? Cioè è andato lei da loro o son venuti loro da loro, da lei?
R.C.: Non lo so. Son venuti loro da me.
A.B.: E’ e mi dica che cosa le hanno detto.
R.C.: M’hanno fatto montare su una macchina e m’hanno portato in giro.
A.B.: In giro?
R.C.: Si in giro e hanno detto un sacco di barzellette.
Presidente: Sentiamo.
R.C.: Le inventavano di tutte per sapere qualcosa da me. Un no so icchè voleano sapere…
Presidente: Cosa le avevano raccontato? Ce le racconti anche a noi così stiamo allegri. Cosa le raccontavano?
R.C.: E dopo siamo andati dai…
A.B.: No mi dica una barzelletta di queste, via ci racconti un po’ di questi… Il Presidente vuole sapere le barzellette, quello che le hanno raccontato.
Presidente: Cioè cosa…
R.C.: Barzellette… Le ho detto barzellette per modo di dire… Cose così…
A.B.: Se la ricorda qualcosa di queste, così? Mentre giravate, giravate, giravate… Cosa le raccontavano? Cosa le dicevano? E lei su questo, lei se lo ricorderà
R.C.: Volean sapere l’amicizia che ci potea esse’ fra me e questo signor Pacciani, io ho avuto quell’occasione di conoscerlo perché gli ho restaurato la casa per ordine del marchese Rosselli, in dove abitavano, poi non ci ho avuto più contatti con lui, sicchè…
A.B.: E le hanno domandato tante altre cose? O no? Che tipo era? Che carattere aveva? Se era focoso? Le hanno domandato tutte ‘ste cose? Volevano sapere da lei qualcosa di preciso? O no?
R.C.: Io… Prima di tutto non capisco… Non le capisco tutte quelle…
Presidente: Bisogna lei
A.B.: Ma non posso toccare perché mi hanno vietato di non toccare proprio… Sennò mi piglio la scossa
Presidente: Bisogna avvocato non vada troppo veloce nelle domande
A.B.: Guardi me.
Presidente: Lo guardi si.
A.B.: Lei quando è entrato in questa macchina, il primo approccio, sa cosa significa l’approccio? Siamo entrati, dice: Venga signor Castrucci in macchina la dobbiamo portare… Lei ha avuto un po’ paura o no?
R.C.: M’hanno detto Polizia criminale, m’hanno fatto vedere i documenti e gli avevo da andare con loro.
A.B.: Polizia criminale?!
Presidente: Criminale.
P.M.: Forse hanno detto Criminalpol, si fa prima.
Presidente: Criminalpol.
P.M.: No, no, per evitare magari suggestioni.
Presidente: Le hanno fatto vedere il tesserino, naturalmente…
P.M.: Che c’era scritto Criminalpol eh?
A.B.: Quindi erano persone in borghese?
P.M.: Quindi si son qualificate per fortuna.
A.B.: Si certo.
Presidente: Erano in borghese?
R.C.: Si erano in borghese.
A.B.: E la macchina era una macchina così detta Civetta, una macchina in borghese anche quella. Una macchina civile.
R.C.: Si.
A.B.: Civile. Le macchine non sono in borghese. Ci sono anche quelle in divisa. E allora che fa lei? Ci racconti un pochino perché…
P.M.: Non l’hanno intimorito.
A.B.: No, scusi, Pubblico Ministero lasci parlare, mi lasci fare…
Presidente: Per favore perché sennò già…
A.B.: …il mio lavoro con modestia…
Presidente: Già che ci sono problemi di udito, figuratevi se ora… Proseguiamo.
A.B.: Senta lei entra in questa macchina e, boh… lei gli domanda: Ma cosa volete da me? O non glielo domanda? Lei glielo domanda a loro cosa vogliono?
R.C.: Naturale.
A.B.: E loro cosa gli dicono?
R.C.: Io penso d’aveglielo domandato e poi dopo una mezz’ora mi portarono dai Carabinieri.
A.B.: Ohoo in questa mezz’ora cosa avete detto? Cosa vi siete detti? Cosa avete fatto? In questa mezz’ora, perché lei in questa mezz’ora gira, gira, gira, capisce? O no?
R.C.: I che s’è fatto? Nulla. Siamo andati a finire a San Casciano dai Carabinieri.
A.B.: Dopo.
R.C.: si.
A.B.: Quindi avete girato mezz’ora da casa sua per andare dai Carabinieri.
R.C.: Si.
A.B.: Da casa sua ai Carabinieri quanto c’è di strada?
R.C.: Ma non è i’ fatto di esserci… Sono otto chilometri sicchè…
Presidente: Quanto?
R.C.: Otto chilometri. Da Montefiridolfi a San Casciano…
A.B.: E quindi in quanto ci si arriva normalmente?
R.C.: Dieci minuti
A.B.: Dieci minuti e invece ci siete stati mezz’ora. O no? Ci siete stati mezz’ora?
R.C.:
Presidente: Quindi, dice l’avvocato, andavate molto piano?
R.C.: Eh?
Presidente: In questa mezz’ora che cosa avete fatto’ Perché se ci voleva dieci minuti per andare dai Carabinieri perché ci avete messo mezz’ora?
R.C.: Non me lo ricordo perché erano tutte frasi diverse da i’ vero contenuto… Ecco, per parte mia.
A.B.: Ecco quali erano queste frasi diverse dal vero contenuto?
Presidente: Ecco, cioè provi un pochino a ricordare qualche cosa…
R.C.: Nooo
A.B.: Non vuole oppure non se lo ricorda?
R.C.: Non me lo ricordo.
A.B.: Non se lo ricorda. Diciamo non se lo ricorda.
Presidente: Ma insomma cercavano di farle dire qualche cosa…
R.C.: Si, cose che le un conoscevo, insomma ecco.
Presidente: Su cui lei non sapeva nulla.
R.C.: No.
A.B.: E loro insistevano a che lei le conoscesse oppure no? Volevano che lei… Insomma…
R.C.: Sennò un ci si metteva mezz’ora!
A.B.: Grazie. Allora andiamo avanti con la sua deposizione. Dunque lei viene interrogato, evidentemente viene portato alla stazione di San Casciano, va bene? Da questi signori con i quali avete parlato di barzellette per mezz’ora e viene interrogato e lei fa questa dichiarazione, voglio sapere se lei la conferma: ” Ricordo anche che io Pacciani l’ho rivisto alcuni anni dopo in Mercatale in Piazza del popolo e che mi trovavo lì per effettuare dei lavori in una casa ubicata vicino alla sua abitazione, nella circostanza ricordo che egli ebbe modo di mostrarmi una pistola, non so ricordare se mi chiamò nel suo garage, se mi fece salire in casa o quale fosse l’occasione”, qua non capisco bene, “ricordo però di questa pistola né posso dire da dove egli la prese, dove la ripose, né se c’erano famigliari o altre persone presenti”, questo l’ha detto lei. Quindi io non capisco, è caduta dall’aria questa pistola? Perché lei non vede né dove l’ha presa, né dove la ripose, né se c’erano famigliari, tant’è che, glielo spie… glielo dico: “Mi rendo conto di suscitare delle perplessità” alle stesse persone con cui lei aveva parlato prima di barzellette “col mio racconto ma io non ricordo di essere entrato in particolari discorsi con il Pacciani Pietro tipo la caccia, le ferie, le frecce, il cibo o altro” non capisco bene. Poi le mostrano delle pistole, giusto? Se lo ricorda lei?
R.C.: Si.
A.B.: Quante gliene mostrano di pistole?
R.C.: Quattro o cinque.
A.B.: Ecco innanzitutto lei mi conferma questa circostanza che le ho detto prima io? Che le ho letto?
R.C.: Io confermo quello che ho già firmato.
A.B.: Cioè che lei non sa da dov’è venuta, ad un certo punto lei vede Pacciani con una pistola in mano: guarda che ci ho la pistola! O no?
R.C.:
A.B.: Si o no?
R.C.:
Presidente: Va be’ avvocato, cioè, dice, a un certo punto lei ha visto il Pacciani che aveva questa pistoal in mano?
R.C.: Si.
Presidente: E’ vero o no?
R.C.: Si.
A.B.: E da dove l’ha presa questa pistola?
R.C.: Che lo so da dove l’ha presa?
A.B.: Dove l’ha messa la pistola?
R.C.: E che ne so io? Mi sembrava d’avello già detto prima!
Presidente: L’avvocato glielo vuol richiedere, ha capito? Ognuno fa il suo gioco.
R.C.: In do’ la teneva non lo so mica io!
A.B.: Questo non credo sia, purtroppo, un gioco, purtroppo credo non sia un gioco.
Presidente: E’ un gioco processuale
A.B.: E’ un gioco un po’ alterato Presidente, chiedo scusa.
Presidente: Dal caldo forse.
A.B.: Presidente siamo d’accordo. Un po’ alterato nei presupposti.
Presidente: Andiamo avanti.
A.B.: Allora mi scusi, a lei sono state fatte vedere delle pistole, varie pistole, giusto?
R.C.: Si.
A.B.: Però le hanno fatto vedere, glielo dico subito, una Beretta calibro 7 e 65, una Bernardelli calibro 22, lei è stato ferito perlomeno i proiettili li riconosce no? Un revolver calibro 38 marca Astra con guanciale in legno di colore marrone nonchè una pistola Beretta calibro 22 LR. Il Castrucci ha indicato che le dimensioni della pistola potevano essere… Si ricorda quale? Lei disse una, lei… Cosa disse?
Presidente: Ne indicò una. Ne indicò una.
R.C.: Si come colore.
A.B.: Come colore.
R.C.: Mi sembra come colore, più chiara…
A.B.: Senta però non le hanno
Presidente: Io non so perché non ci ho quel verbale in mano…
P.M.: Poi lo diamo Presidente.
A.B.: Lo diamo se c’è contestazione se no non lo diamo.
P.M.: Come no?
A.B.: Lei si ricorda cosa le fecero vedere? Gliela fecero vedere una scacciacani fra queste? Non gliela fecero vedere…
R.C.: No, no, non capisco…
Presidente: Se tra le pistole che le fecero vedere ve n’era una scacciacani, di quelle a salve.
R.C.: Ah, non lo so perché scacciacani la poteva essere anche quella…
Presidente: …che le mostrarono. Lei non sarebbe stato in grado di distinguerla.
R.C.: No, no, no. Non mi hanno fatto vedere nulla…
A.B.: le fecero vedere… Lei…
R.C.: La carica… Insomma i proiettili, nulla.
A.B.: Lei disse che forse poteva assomigliare alla pistola Astra, si ricorda nulla? No?
R.C.: Non lo so.
A.B.: Poi invece al Pubblico Ministero dice: Mah forse era una pistola a tamburo; se lo ricorda questo?
R.C.: La pistola a tamburo un mi sembra di averla vista.
A.B.: D’averla vista. Però lei al Pubblico Ministero ha detto che era una pistola a tamburo.
R.C.:
A.B.: Insomma io volevo sapere se lei veramente questa pistola l’ha vista o non l’ha vista.
R.C.:
A.B.: Non m’interessa più. Grazie.
P.M.: No lasciamolo rispondere.
A.B.: Non m’interessa più né la domanda né la risposta.
P.M.: A me si.
Presidente: Allora gliela faccia lei.
P.M.: Le vorrei far ricordare soltanto… lei una pistola, ci ha detto, l’ha vista, è vero o no? La pistola, una pistola, l’ha vista si o no?
R.C.: Si.
P.M.: Bene, non ho altre domande, grazie.
Presidente: Senta e sempre per restare in questo campo, mica gliela fece prendere anche in mano il Pacciani? Pacciani questa pistola mica gliela fece anche prendere in mano?
R.C.: No, no, no, no.
Presidente: Quindi lei la vide e basta.
R.C.: No, no, no.
Presidente: Nessun’altra domanda?
P.M.: Nessuna grazie.
Avvocato Pellegrini: Questa, a proposito di pistole, sarebbe in grado di riconoscerla adesso quella pistola che vide se gli fossero mostrate?
R.C.: Io no di certo.
Presidente: No di certo.
Presidente: Può andare signor Castrucci, può andare. Può andare via, può tornare a casa.
R.C.: Grazie.
Presidente: Stia attento a non cascare lì, grazie, arrivederci.
A.B.: Alle barzellette stia attento. Quando raccontano le barzellette bisogna stare molto attenti.

giovedì 17 febbraio 2011

Rolando Castrucci - Deposizione del 26 maggio 1994 - Prima parte

Rolando Castrucci fu ascoltato il 26 maggio 1994 nel processo a Pietro Pacciani. Quelle che seguono sono le sue dichiarazioni.

Presidente: Chi abbiamo signor Pubblico Ministero? Chi c’è?
P.M.: Dei numerosi testi di stamani abbiamo qualche difficoltà, ora vediamo se pian piano arrivano, qualche certificato medico ce l’ho.
Presidente: Questo signore è il teste?
P.M.: Castrucci Rolando
Presidente: Prego si accomodi. Sieda pure. Lei è il signor? Il suo nome per favore…
R.C.: Castrucci Rolando
Presidente: Castrucci Rolando. Vuol dare le sue generalità per cortesia? Come si chiama, dov’è nato, in che data, dove risiede… Ci sente poco…
R.C.: Son sordo. Sento poco io.
Presidente: Certo. Dov’è nato signor Castrucci?
R.C.: A Firenze.
Presidente: In che data?
R.C.: Il 21 d’agosto 1922
Presidente: 21 o 22 agosto?
R.C.: 21 d’agosto 1922.
Presidente: Residente dove?
R.C.: A Montefiridolfi Val di Pesa, comune di San Casciano.
Presidente: A Montefiridolfi, basta così. Vuol leggere… Ci legge bene? La vuol leggere ad alta voce?
R.C.: Bah, la posso anche leggere…
Presidente: Si, legga, legga
R.C.: Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.
Presidente: Ecco, bene, grazie. Senta signor Castrucci adesso vuole rispondere alle domande del Pubblico Ministero? Magari vuole voltarsi verso di lui per capire meglio? Ecco, mettiamogli il microfono… Ecco magari cerchiamo di alzare la voce… Va bene…
P.M.: Signor Castrucci lei ha detto ora abita a Montefiridolfi, ha sempre abitato lì o solo da un certo periodo?
R.C.: Sempre lì.
P.M.: Sempre abitato a Montefiridolfi. Che mestiere faceva se ora è in pensione o che mestiere fa ora? Quale è stato il suo lavoro? O quale è?
R.C.: Ero titolare di un’impresa di costruzioni. Ci avevo un’impresa di costruzioni.
P.M.: A Montefiridolfi?
A Montefiridolfi.
P.M.: Ha conosciuto Pacciani Pietro lei?
R.C.: Si l’ho conosciuto perché ho restaurato la casa su ordine del marchese Rosselli. Ho restaurato la casa dove abitava lui.
P.M.: ha mai visto se Pacciani dipingeva?
R.C.: Si.
P.M.: Le è rimasto impresso?
R.C.:
P.M.: O cosa dipingeva?
R.C.: No eh beh, questo non lo so.
P.M.: Allora, quando ha visto che dipingeva cosa dipingeva? Perché se l’ha visto…
R.C.: Si…
P.M.: Faceva quadri? Dipingeva sui muri?
R.C.: No, no…
P.M.: faceva quaderni?
R.C.: No l’ho visto… Ho visto dei quadri.
P.M.: Che faceva lui?
R.C.: Mhm.
P.M.: E li faceva lui personalmente, lei l’ha visto o gli ha detto sono quadri miei?
R.C.: Ah questo non lo so.
P.M.: Lei come mai ha il ricordo che lui dipingesse? Gliel’ha detto Pacciani? E ha visto dei quadri?
R.C.: Che vole… le son cose successe più di vent’anni fa e come si fa a ricordarsene?
P.M.: Ha ragione.
Presidente: Certo, certo.
P.M.: Vediamo in altro modo. Io le ho fatto la domanda: sa se Pacciani dipingeva, lei mi ha detto di si.
R.C.: Si.
P.M.: E ha visto dei quadri.
R.C.: Si.
P.M.: E’ stato Pacciani che le ha detto questi quadri li ho fatti io?
R.C.: Senz’altro gli è stato lui, io penso di si.
P.M.: Lei non l’ha mai visto dipingere?
R.C.: E un me lo ricordo.
P.M.: Ha mai visto se in casa aveva attrezzatura per dipingere?
R.C.:
P.M.: Pennelli, colori,
Presidente: Cavalletto, che so?
R.C.: Ehh.. uh… mah…
Presidente: Non se lo ricorda
R.C.: Come si fa a ricordarsi?
Presidente: certo, certo.
P.M.: Mi sucusi, erano…
R.C.: Di tutti questi particolari? Non è possibile!
P.M.: Ha perfettamente ragione. Ha lei è rimasto impresso di aver visto dei quadri.
R.C.: Si, quelli si.
P.M.: Erano quadri di paesaggi o di persone? O raffiguranti persone?
R.C.: No, persone no. Mi sembra di no.
P.M.: Erano paesaggi.
R.C.: Si.
P.M.: Erano a colori o in bianco e nero?
R.C.: A colori mi sembra.
P.M.: Erano in casa attaccati alle pareti o erano da qualche parte?
R.C.: Si alle pareti. Si.
P.M.: C’era qualche quadro che raffigurava paesaggi toscani, Montefiridolfi ad esempio?
R.C.: No.
P.M.: Non lo ricorda.
R.C.: Non mi ricordo di gente particolare.
P.M.: Erano numerosi i quadri o era un solo quadro in tutta la casa?
R.C.: E chi lo sa?
P.M.: Non lo ricorda. Passiamo ad un altro argomento. Pacciani le ha mai mostrato una pistola?
R.C.: Si, nell’essere a lavorare, è questo che mi son sempre ricordato, nell’essere a lavorare mi fece vedere una pistola.
P.M.: Si ricorda, può collocare nel tempo questa volta in cui le mostrò la pistola?
R.C.: Quando c’ero a lavorare, a restaurargli la casa.
P.M.: Allora proviamo con i suoi ricordi a vedere quando fu questo restauro della casa? In che anni o in che anno fu?
R.C.: Eh
P.M.: Non ci riesce…
R.C.: Un c’è più nemmen le fatture! L’è più di vent’anni…
P.M.: Con il suo ricordo in che epoca il proprietario, Rosselli Del Turco, fece restaurare questa casa? Lei cosa faceva? Aveva l’impresa da solo? Aveva degli operai?
R.C.: Ce l’avevo insieme co’ un altro. La ditta era Castrucci e Lotti.
P.M.: Ecco. Erano… Era tanto tempo che il Pacciani abitava in quella casa o era appena arrivato?
R.C.: Non lo so. Un lo so questo.
P.M.: Non lo sa. Vediamo di ricostruirlo poi in altro modo. Le mostrò questa pistola, lui era in casa?
R.C.: Si.
P.M.: Quindi la pistola l’aveva in casa?
R.C.: No quando l’aveva in casa, l’aveva in mano quando me la fece vedere.
P.M.: L’aveva in mano. Di questa pistola lei ricorda qualcosa o no?
R.C.: No.
P.M.: Era una pistola molto piccola o molto grande?
R.C.: No era piuttosto piccola.
P.M.: Era chiara o brunita? O scura?
R.C.: Non posso dire…
P.M.: Io non le voglio far dire...
R.C.: Come l’era, non lo posso dire
P.M.: Se lei si ricorda…
R.C.: Non mi ricordo.
P.M.: Non lo ricorda.
R.C.: Non me lo posso ricordare di certe cose.
P.M.: Giustamente.
Presidente: Nessuno gli dice nulla.
P.M.: Nessuno pretende signor Castrucci che lei lo ricordi.
Presidente: Non si preoccupi.
P.M.: Stia tranquillo cerchiamo solo di vedere
R.C.: Ma e un posso dire una cosa pe’ un’altra.
Presidente: ma nessuno lo vuole (sorridendo).
P.M.: Non deve dire una cosa per un’altra signor Castrucci, lei deve dire quello che ricorda, se lo ricorda. Allora proviamo in un altro modo.
R.C.: L’ho detto.
P.M.: Mi permetta ancora un attimo. Come mai il Pacciani nel discorso le mostrò la pistola? Parlavate di qualcosa? Lei stava restaurando la casa lui arriva dice: Oh guarda ci ho una pistola! Oppure era un discorso che in qualche modo poteva…
A.B.: La domanda signor Pubblico Ministero.
P.M.: Come mai… L’ho fatta prima. Come mai…
Presidente: In quale occasione? Come mai le mostrò questa pistola?
R.C.: Così… Non so… Non ce l’ho la parola giusta per rispondere a questo fatto.
P.M.: Stavate parlando di caccia? Non lo so, di…
A.B.: La domanda signor Pubblico Ministero.
P.M.: Stavate parlando di caccia?
A.B.: Nooo questa presuppone la risposta.
P.M.: Stavate parlando di armi?
A.B.: Di cosa stavate parlando? Questa è la domanda giusta.
Presidente: Di che cosa stavate parlando?
A.B.: Scusi eh?
P.M.: Prego.
R.C.: Di lavoro.
Presidente: Di lavoro.
R.C.: Di lavoro, si.
Presidente: Quindi in pratica il motivo…cioè il motivo, lo spunto…
R.C.: No… Può darsi che questa pistola, non lo so, l’abbia avuta in una camera in dove c’era da lavorare…
Presidente: Ecco.
R.C.: … e ni’ levare la mobilia che c’era, la roba che c’era, l’è uscito fori anche…
Presidente: …la pistola.
R.C.: Questa pistola.
Presidente: Capisco.
R.C.: Può esse’ quello, non lo so.
Presidente: Ecco, è un’ipotesi sua
R.C.: Altre cose…
Presidente: In realtà questa potrebbe essere un’ipotesi, quindi non lo ricorda. Va bene.
P.M.: Lei ha mai visto, a parte quella volta, una pistola in vita sua?
R.C.:
P.M.: A parte la volta in cui gliela mostrò Pacciani, forse nei modi che lei ora ci ha descritto, ha mai visto in vita sua altre pistole? O era la prima volta che vedeva una pistola?
R.C.: Le pistole l’aveo viste, poerini…
Presidente: In guerra?
R.C.: E son finito anche. Ho fatto i’ partigiano co’ i presidente Pertini. Ci ho ancora una pallottola addosso.
Presidente. Ah, figurati allora le pistole le conosce!
P.M.: ha visto! Allora è la persona adatta per vedere di capire che pistola era.
R.C.: No.
P.M.: Lei ha detto: “Era piccola”.
R.C.: No.
P.M.: No, non è la persona adatta perché forse…
R.C.: No, no, no.
P.M.: Perché forse la vide poco.
R.C.: Non me ne intendo per niente..
P.M.: Non se ne intende. Se era una pistola a tamburo, lei sa cos’è una pistola a tamburo?
R.C.: E anche questo non me lo ricordo.
P.M.: Però ha fatto questa ipotesi alla Polizia, lei ha detto: forse era una pistola a tamburo.
R.C.: Può darsi.
Avvocato Bevacqua: Scusi signor Pubblico Ministero faccia la domanda per cortesia.
P.M.: Era una pistola a tamburo?
Presidente: Non se lo ricorda?
P.M.: Io le dico: è vero che alla Polizia ha fatto questa ipotesi? Che fosse una pistola a tamburo?
R.C.: Può darsi, può darsi che l’abbia detto anche in quella maniera.
Presidente: Ora un se lo ricorda?
R.C.: E gli è più di un anno…
P.M.: Non ho altre domande grazie.
Segue...

mercoledì 16 febbraio 2011

Gina Cencin - Deposizione del 26 maggio 1994 - Seconda parte

Segue dalla prima parte.

Presidente: Signori avvocati di parte civile? Vi sono domande alla teste? Avvocato Pellegrini.
Avvocato Pellegrini: Soltanto una, se le risulta e se le risulta eventualmente in che modo, che Vanni e Pacciani facevano con la Sperduto Malatesta l’amore anche in tre.
G.C.: Questo non lo so.
A.B.: Collega
P.M.: la Sperduto Malatesta….
A.B.: Ah credevo che fossero… Come facevo a saperlo?
Presidente: La signora ha detto che quello che avveniva poi non lo sapeva. Avvocato Bevacqua prego.
A.B.: Grazie. Senta signora io non sono toscano e quindi non so dov’è via Chiantigiana, che zona è della Toscana?
G.C.: In che zona è della Toscana?
A.B.: Si.
G.C.: San Casciano.
A.B.: San Casciano. Ohoo, dunque, lei ha detto che stava a San Casciano in questa via Chiantigiana numero 10 fino a quando non si è sposata, cioè fino al ’69…
G.C.: Si.
A.B.: Lo ricorda questo?
G.C.: Si.
A.B.: Ecco e poi ha detto nel suo verbale che ha reso… A chi l’ha reso? Ai Carabinieri, alla Polizia? A chi l’ha reso signora?
G.C.: Il mio verbale?
A.B.: Si. Quando è stata chiamata lei da chi è stata chiamata?
G.C.: Io sono stata chiamata a Tavarnelle e a Firenze.
Presidente: Dai Carabinieri e dalla Polizia? Dall’uno, dall’altro…
G.C.: Io chi erano… Io sono stata a Firenze laggiù… Non so come si chiama… In pretura, non so come si chiama.
A.B.: In pretura!
Presidente: In procura.
G.C.: Procura, non lo so.
A.B.: Perché lei ha detto che aveva visto questa Cinquecento, va bene? Che poi dice che era guidata, condotta da un signore che lei aveva ritenuto di ravvisare nella persona del signor Pacciani, anche nel ’65, negli anni ’65, lei ha detto, ah?
G.C.: Nel ’65 stavo ancora lì di casa.
A.B.: Quindi lei ha visto questa Cinquecento, giusto? Va bene? Nel ’65 ha visto questa Cinquecento bianca con queste persone, era la solita Cinquecento bianca
P.M.: Gli leggiamo la parte del verbale dove c’è scritto nel ’65?
A.B.: Io sto domandando questo, poi lo faccia lei…
Presidente: Signora tenga presente che…
P.M.: No gli ha contestato nel ‘65
Presidente: Tenga presente che
A.B.: ’65 e anni successivi.
P.M.: Dov’è la parte del verbale dove dice la signora?
Presidente: L’avvocato può farle anche domande per metterla fuori strada quindi lei…
A.B.: 83, pagina 83
P.M.: Dove c’è scritto che è nel ’65?
A.B.: Allora glielo dico signora guardi
Presidente: E quindi lei deve rispondere la pura e semplice verità ma non si lasci suggestionare perché questo è bene… Vorrei sempre dirlo ai testi questo.
P.M.: Grazie.
A.B.: “Per attenermi a quanto io ho visto personalmente”, questo è lei che lo dice e il Pubblico Ministero mi può confortare sul punto, “l’epoca della frequentazione del vanni Mario e del suo amico con la Fiat Cinquecento bianca io la colloco negli anni ’65 e successivi” è vero signora?
G.C.:
A.B.: Si o no?
G.C.: Si.
A.B.: Si, ohoo, allora lei vedeva questa Cinquecento dalle sue finestre o no?
G.C.: Si.
A.B.: Perché poi dal ’69, quando si è sposata, giusto?
G.C.: Si.
A.B.: Lei si è allontanata da quel luogo ed è andata ad abitare a due, tre, quattro, non lo so chilometri di distanza. E’ vero?
G.C.: Si.
A.B.: Quindi lei non poteva vedere questa Cinquecento da due, tre chilometri di distanza, oppure la vedeva?
G.C.: No.
A.B.: Bene. Lei ha detto anche che il signor Vanni era spesso ubriaco, è vero?
G.C.: Si.
A.B.: Lei è stata indicata come amica del signor Malatesta. È vero?
G.C.: Si.
A.B.: Cioè era l’amica del signor Malatesta che poi si impiccò per cui lei era evidentemente nemica della signora Sperduto
G.C.: Si.
A.B.: Ohoo
Presidente: No, si che cosa?
G.C.: No nemica, io non ero nemica era la signora Sperduto che andava a dire che io andavo con suo marito ma non era assolutamente vero.
A.B.: Comunque c’era questa diceria, che non era dell’untore…
G.C.: Diceria perché lei le diceria ce l’aveva con tantissime persone.
A.B.: Ho capito.
G.C.: Lei l’era gelosa di tutto.
A.B.: Lei era gelosa di tutto?
G.C.: Si.
A.B.: Senta signora lei ha detto però che presso questa signora Sperduto, oltre la Fiat Cinquecento bianca, oltre il signor Vanni che veniva in Vespa, qualche volta accompagnato dalla Fiat Cinquecento bianca, comunque da colui che la conduceva, vi erano anche tante altre persone che frequentavano quella casa e quella zona…
G.C.: Si la casa e quando lei la sortiva per andare a fare la spesa, in qualsiasi posto l’andava.
A.B.: Per quanto riguarda i litigi che lei ha ascoltato, ha sentito, è stata presente, non lo so, questi litigi in casa della signora Malatesta, o Sperduto che dir si voglia, erano sempre litigi che lei sentiva dalla sua finestra, dalla sua casa
G.C.: Si.
A.B.: Quindi questi litigi erano litigi che potevano datare massimo fino al 1969 o no?
G.C.: No io laggiù ci son ritornata per mia sfortuna tutti i giorni perché ci avevo il babbo infermo a letto e andavo ad aiutare la mamma.
P.M.: Bene grazie signora. L’aveva già detto avvocato.
A.B.: Ecco. Il babbo quand’è morto signora?
G.C.: Nel ’71.
A.B.: Nel ’71.
G.C.: No aspetti, nel ’72.
A.B.: Nel ’72, benissimo signora grazie. Noi non c’eravamo ancora, grazie, buongiorno.
P.M.: Signora mi scusi, onde capire meglio noi i tempi, lei dopo che andò via da quella casa, aldilà del fatto che ci tornava per suo babbo, aveva qualche altro parente lì?
G.C.: Ci avevo… Noo, ci avevo i’ mi’ fratello. Fratello e la cognata.
P.M.: Quindi lei ha continuato a frequentare quella casa?
G.C.: Si.
P.M.: Fin quando?
G.C.: Finchè loro sono stati laggiù di casa che…
P.M.: Cioè fino?
G.C.: Non me lo ricordo ora. Fino a quande si sono spostati di casa…
P.M.: Glielo ricordo io, l’aiuto io, quando morì il Malatesta, se non sbaglio il marito della signora…
A.B.: Faccia la domanda signor Pubblico Ministero.
P.M.: La domanda è questa: Quando morì il Maltesta
A.B.: …morì il Malatesta… e la signora risponde..
P.M.: Mi faccia fare la domanda! Sennò quando?
Presidente: Avvocato Bevacqua per favore la vedo molto elettrico, guardi che non c’è nessun motivo di esserlo…
P.M.: Oh grazie. Perché è da ieri…
Presidente: La mattina è abbastanza agitato.
P.M.: Forse certe testimonianze rendono tutti noi più elettrici.
Presidente: No forse ha preso un caffè.
P.M.: Tutti noi elettrici.
Presidente: Due, tre. Ne deve prendere uno solo.
P.M.: Ne basta uno.
Presidente: Prego.
P.M.: I testi dicono, speriamo la verità, e chi di dovere giudicherà, noi dobbiamo solo…
Presidente: Non facciamo commenti ma solo domande!
P.M.: Era questa la domanda, chiedo quando morì Malatesta e qualcuno mi dice non è una domanda!
Presidente: Quando morì Malatesta signora?
G.C.: L’anno?
Presidente: Si, grosso modo.
G.C.: Eh io l’anno non me lo ricordo.
Presidente: Lei lo sa?
P.M.: Si, nell’80. Anni ’80. Io le chiedo solo questo: quando morì Malatesta lei ebbe modo, era ancora il periodo in cui, per le ragioni che ci ha detto, andava in quella casa?
G.C.: Ci avevo sempre il fratello laggiù e la mamma.
P.M.: Quindi fino a quel periodo lì lei quella casa la frequentava?
Presidente: Non tutti i giorni però
G.C.: No, giustamente, ogni quindici giorni, ogni otto giorni, quando avevo la possibilità di tornare a vedere la mamma.
P.M.: Non ho altre domande
Presidente: Non così assiduamente come quando purtroppo lei aveva il babbo…
G.C.: Da quando morì il babbo io laggiù ci ritornavo…
Presidente: Frequentazione familiare
G.C.: Familiare.
Presidente: Va bene. Signori avete altre domande per la teste? No? Grazie può andare signora, buongiorno.
G.C.: Buongiorno.
Presidente: Può tornare a casa.

martedì 15 febbraio 2011

Gina Cencin - Deposizione del 26 maggio 1994 - Prima parte

 
Gina Cencin fu ascoltata il 26 maggio 1994 nel processo a Pietro Pacciani. Quelle che seguono sono le sue dichiarazioni.

Presidente: Allora l’imputato è presente, tutti i difensori, il Pubblico Ministero sono presenti e allora signor Pubblico Ministero?
Avvocato Bevacqua: Signor Presidente, chiedo scusa, prima di iniziare il dibattimento…
Presidente: Prego
A.B.: In relazione alle produzioni che ha fatto ieri, se non erro, il signor Pubblico Ministero relativamente a quel testimone che è deceduto, Petroni Nello, ed anche in relazione al fatto che la signora Manni Angiolina si è avvalsa della facoltà di non rispondere io produco un documento, ai sensi dell’articolo anche 511 bis
P.M.: Manni Angiolina non ho prodotto niente eh per ora…
A.B.: Si ma è la posizione Petroni.
P.M.: Bene.
A.B.: Petroni dice che lui non è stato mai amico della signora Manni Angiolina ma la signora Manni Angiolina non abbiamo potuto sentirla, io ho un documento che è un verbale di sommarie informazioni di un altro procedimento, relativo a dichiarazioni fatte dalla Manni Angiolina su questo punto e quindi io chiedo che venga prodotto, che venga acquisito agli atti ai sensi anche dell’articolo 511 bis del codice di procedura penale.
P.M.: Nessuna opposizione Presidente.
Presidente: Benissimo, benissimo. Possiamo acquisirlo non c’è problema. Ecco, allora introduciamo il primo teste Pubblico Ministero.
P.M.: E’ inutile negare che c’è qualche difficoltà, ho un paio di certificati medici, non vorrei fosse, oltre il caldo, qualche problema dovuto alla criticità di questo dibattimento.
Presidente: Verifichiamo questi certificati medici, li verifichi lei…
P.M.: Si, sto… Era solo per l’ordine… Castrucci Rolando, invertiamo l’ordine e via… Allora la signora Cencin grazie. Questo teste non vuole essere ripreso lo dico subito Presidente.
Presidente: Non vuol essere ripresa?
P.M.: No, no, no.
Presidente: Benissimo.
P.M.: Così mi ha detto ieri.
Presidente: Ecco signora si accomodi pure lì, buongiorno, ecco si metta comoda, non vuole essere ripresa?
G.C.: No
Presidente: Ecco va bene. Allora il solito discorso per tutti. Ecco signora vuole leggere per cortesia quella formula?
G.C.: Si.
Presidente: Si metta pure gli occhiali.
G.C.: Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.
Presidente: Ecco vuol dare le sue generalità signora?
G.C.: Cencin Gina
Presidente: Nata a…
G.C.: Greve in chianti
Presidente: Il?
G.C.: Il x del ’xx, xx/xx del ‘xx
Presidente: xx xx 19XX, residente?
G.C.: A Tavarnelle.
Presidente: Ecco, benissimo allora signora risponda prego alle domande del Pubblico Ministero.
P.M.: Signora volevo chiederle una cosa innanzitutto, lei ora abita a Tavarnelle vero?
G.C.: Sambuca
P.M.: Ecco, in passato ha abitato in Via Chiantigiana?
G.C.: Si.
P.M.: Vicino alla signora Malatesta?
G.C.: Si
P.M.: La Sperduto?
G.C.: Si.
P.M.: Per quanto tempo? Così come lo ricorda…
G.C.: Dunque fino al ’69 però da quando ci son tornati loro io preciso non me lo ricordo l’anno che ci sono tornati loro.
P.M.: Quindi lei è stata vicina di casa della signora Malatesta/Sperduto per un congruo numero di anni.
G.C.: Si.
P.M.: Suppergiù?
G.C.: Eh.. Un..
P.M.: Un po’ di anni.
G.C.: Mah io laggiù c’ero tornata, ci sono stata sette o otto anni.
P.M.: Ecco. Senta signora e in questo lungo periodo ha avuto modo di vedere chi frequentava casa di quella signora?
G.C.: Si.
P.M.: Ricorda qualcuno in particolare?
G.C.: Eh ce n’erano tanti.
P.M.: A me interessa innanzitutto se lei ha avuto modo di vedere se frequentava quella casa il signor Pacciani
G.C.: E una Cinquecento bianca la c’era spesse volte. Il pomeriggio in particolare. Non tutti i giorni ma diverse volte.
P.M.: Lei sapeva che… Di chi era questa Cinquecento?
G.C.: No.
P.M.: Ha mai visto il proprietario?
G.C.: Beh io l’ho intravisto così… Se passavo, mentre poteva scendere ma poi si chiudevano subito in casa
P.M.: Ma le volte… No quello che succedeva in casa ovviamente… Era il signor Pietro Pacciani?
G.C.: Mah secondo me si.
P.M.: Aveva una Cinquecento bianca
G.C.: Si
P.M.: Era a volte in compagnia del postino Vanni?
G.C.: Si.
P.M.: La signora Malatesta su queste visite le ha mai detto niente?
G.C.: No.
P.M.: ha mai visto se questa macchina veniva anche di sera o si tratteneva anche la sera?
G.C.: Ehh non si sa, a volte c’era di giorno, di notte…
P.M.: Ecco era questo che mi interessava a volte c’era di notte.
G.C.: Si.
P.M.: Ovviamente lei non stava sempre alla finestra e quindi…
G.C.: No e poi io dal ’79 mi sono sposata… ’69 mi sono sposata e questa macchina però la ci veniva ancora.
P.M.: Veniva lo stesso.
G.C.: Però io laggiù ci tornavo giustamente qualche volta a ritrovare i miei genitori.
P.M.: Certo. Senta una cosa, a volte sentiva delle discussioni in casa quando c’erano queste persone diverse?
G.C.: Mah…
P.M.: Quando rientrava il marito?
G.C.: Quando rientrava il marito si.
P.M.: Che tipo di discussioni?
G.C.: Si sentivano vociare però proprio le parole non si capivano perché io ero da un’altra parte.
P.M.: Certo. E quando c’era la Cinquecento bianca con questo signore c’erano discussioni?
G.C.: Mah…
P.M.: O quando c’era stato?
G.C.: Quando c’era stato.
P.M.: Quando usciva lui…
G.C.: O a volte quande c’era i’ marito gli era costretto a risortire.
P.M.: Quando c’era il signore con la Cinquecento bianca, che lei dice il signor Pacciani, il marito era costretto a uscire
Avvocato Bevacqua: Questo lo dice il Pubblico Ministero.
P.M.: L’ha detto la signora.
A.B.: Quando c’era uno con la Cinquecento bianca, lei ha creduto di vedere Pacciani, può darsi, scusi. Faccia la domanda precisa.
Presidente: Poi vediamo questo particolare. Perché lei ha detto. Era Pacciani? Per me si… E allora su questo poi vedremo. Prego.
P.M.: Ha da dire qualcosa di più preciso se quel signore con la Cinquecento bianca era Pacciani o meno?
G.C.:
P.M.: Perché dice per lei si?
G.C.: Ma perché rivedendolo ora mi sembra veramente che fosse stato lui.
P.M.: Bene, grazie. E le discussioni… Cioè lei ci ha detto che quando c’era questo signore, che lei ora dice, rivedendolo, era Pacciani, comunque aveva una Cinquecento bianca e a volte era con Vanni, a volte il marito era costretto a uscire.
G.C.: Si. Perché lei la chiudeva la porta.
P.M.: Prego?
G.C.: La si chiudeva dentro
P.M.: Lei si chiudeva dentro. Senta una cosa, il Vanni, il postino, veniva insieme al Paccia… al signore che lei crede di avere identificato oggi in Pacciani o veniva da solo?
G.C.: A volte gli è venuto anche da solo.
P.M.: A volte veniva. A volte anche col…
G.C.: Si
P.M.: Venivano insieme, con questo signore. Lei sa, o ha visto il Vanni che in questi incontri, o ha saputo, nel caso l’ha solo saputo da chi, portava oggetti in gomma? Falli cose di questo genere? Giornali pornografici…
G.C.: Mah.. Giornali pornografici si. Saputo lì da Fabbrica, dove abitavo io, perché lui si intratteneva a volte lì. Quando portava la posta si metteva a sedere con la sua Lambretta o Vespa insomma quello che era, ora non ricordo, giornali ce gli aveva sempre, si.
P.M.: Lei ha detto, cioè non l’ha detto, ha detto che ci andavano diverse persone, per ora ci ha detto il Vanni, postino, ci ha detto questo signore con la Cinquecento bianca che lei crede oggi di riconoscere in Pacciani e poi ha detto, cioè, altre persone, ricorda qualcuno in particolare? Aldilà dei nomi? Qualcuno innanzitutto che ha visto poi con questi due, con il Faggi… Chiedo scusa, con il Vanni e col Pacciani?
G.C.: Mah che vuole ricordarseli tutti…
P.M.: Non i nomi signora, volevo vedere
G.C.: Ce ne andavano diverse persone, ogni tanto la cambiava tipo di persona, diciamo.
P.M.: Ecco ma lei ha visto in quella casa persone che poi ha visto insieme al Vanni e al postino?
Presidente: Al Vanni e?
P.M.: Vanni postino… al signor con la Cinquecento bianca… Insieme a loro.
G.C.: Mah…
P.M.: Che li ha visti altrove o insieme, che li ha riconosciuti come amici…
G.C.: No io fuori da lì no, non li ho rivisti…
P.M.: Lei, le è stata mostrata la foto di una persona, dalla Polizia, lei ha detto: si questa persona l’ho vista a volte in compagnia di questi signori e a volte in casa della Malatesta, indipendentemente dal nome, se la ricorda questa persona?
G.C.: Mah ora no.
Presidente: Si ricorda questa foto che le fu mostrata?
G.C.: Si ma così vagamente la ricordo.
P.M.: Ricorda vagamente la persona?
G.C.: Si
P.M.: Però nella foto
G.C.: Se la dovessi rivedere non… Non penso di conoscerla.
P.M.: Scusi lei nella foto riconobbe una persona…
G.C.: Mhm
Presidente: Ricorda vagamente la foto…
G.C.: La foto.
P.M.: Quindi se noi le rimostriamo la foto le riviene in mente?
G.C.: Beh può darsi
P.M.: Allora la domanda è questa: in sede di deposizione davanti alla Polizia giudiziaria le fu mostrata una foto e lei disse di aver riconosciuto questa persona come compagna di loro, lo ricorda questo?
G.C.: Si.
P.M.: E ricorda che questa persona l’aveva vista anche a San Casciano con il Vanni e con il Pacciani?
Avvocato Bevacqua: Faccia la domanda signor Pubblico Ministero.
P.M.: Ricorda se questa persona…
A.B.: Ricorda che cosa ha visto?! Scusi.
Presidente: Ricorda se questa persona…
P.M.: …l’ha vista con il Pacciani e con il Vanni a San Casciano?
Presidente: Con il Pacciani, con la persona
P.M.: No… Ora è col Pacciani, scusi, ora la domanda è con Pacciani… eh? Lo ricorda signora?
G.C.: Si.
P.M.: Ricorda di averli visti tutti e tre a San Casciano?
G.C.: Si.
P.M.: Quindi erano sicuramente a San Casciano Pacciani, Vanni/postino e questa persona che lei riconobbe nella foto?
G.C.: Si.
P.M.: Ricorda di aver mai visto il Malatesta con gli occhi neri? Picchiato…
G.C.: Si.
P.M.: Ricorda se nello stesso periodo, lo stesso giorno in cui lo vide picchiato la persona con la Cinquecento bianca era andata in casa?
G.C.:
P.M.: In quel periodo, in quei giorni…
G.C.: In quei giorni, proprio il giorno preciso…
P.M.: Esattamente no.
G.C.: Esattamente no.
P.M.: Relativamente a questa terza persona che la Polizia in quel verbale disse essere Faggi Giovanni, lei è sicura di quello che mi ha già detto o vuole rivedere la foto?
G.C.:
P.M.: Cioè è sicura di averli visti tutti e tre insieme?
G.C.: Si.
P.M.: Non ho altre domande per il momento grazie.