giovedì 10 giugno 2010

Filastò, avvocato-detective: "Perchè non credo ai criminologi"

Il 12 settembre 1985 il quotidiano Paese Sera pubblicò l'intervento che segue dell'avvocato Nino Filastò.
Il 13 settembre 1985 il quotidiano La Nazione pubblicò le dichiarazioni che seguono dell'avvocato Nino Filastò.

Avvocato Nino Filastò: Non credo a De Fazio come al superspecialista. Un risultato può venire solo dal lavoro di equipe di tutti gli inquirenti con un contributo di grossa professionalità. Il merito di De Fazio è di aver tentato per primo una comparazione seria di tutti gli elementi, anche i più trascurabili, degli otto duplici delitti, un metodo questo che è stato intrapreso con un indiscutibile ritardo di anni.
Perchè tanta attenzione e passione attorno al caso del maniaco?
Cominciai ad occuparmene perchè difesi un indiziato, un falso medico. Passò una nottata in questura poi tutto fu chiarito. Da allora mi interesso della vicenda.
Chi è il mostro?
Un uomo con una personalità enormemente complessa, non una persona di cultura perchè altrimenti si sarebbe rivolto prima o poi a uno psichiatra ma un personaggio che appartiene a un certo strato sociale. Ha una terribile condizione psichiatrica, campa col terrore di dar fuori e tradirsi. E così, periodicamente si cura col delitto che è la medicina dopo la quale ritrova l'equilibrio. La pulsione psicopatologica del maniaco è certamente eterosessuale, insomma l'omicidio dei due tedeschi, due maschi, è stato certamente un errore per lui: io credo che ora con questo dei due francesi abbia voluto rimettere le cose a posto, abbia voluto lanciare un messaggio al suo pubblico. E' proprio un caso che nel secondo anniversario dell'episodio dei due tedeschi se la sia presa di nuovo con due stranieri?
Avvocato Filastò lei sostiene che anche un altro duplice omicidio è attribuibile al mostro, quello avvenuto a Lucca alla fine di gennaio dell'84, dove persero la vita due fidanzati appartati in auto. Perchè?
Diciamo intanto che questo delitto merita una più attenta riconsiderazione nelle indagini sul mostro. Le analogier con gli altri delitti delle coppie sono numerosi: la determinazione implacabile dell'omicida, le caratteristiche del luogo, la coppia appartata in auto, il modo in cui venne usata l'arma, la borsetta della ragazza rovistata. L'arma era una calibro 22, ma i bossoli non portavano la firma della famosa Beretta. Così fu escluso perentoriamente che il caso potesse essere attribuibile al maniaco di Firenze e il caso affidato alla procura di Lucca.
Perchè il mostro avrebbe usato un'altra pistola?
Allora Francesco Vinci era in galera, accusato di sei omicidi e vi era rimasto anche dopo l'uccisione dei due tedeschi. Qualcuno aveva fatto l'ipotesi che il Vinci avesse incaricato un complice di disseppellire la famosa Beretta e di uccidere una coppietta per scagionarlo. Che doveva fare questo poveraccio di mostro per far capire che invece era sempre lui? Usare appunto un'altra pistola. Ma c'è un'altra coincidenza inquietante. Nei giorni del delitto di Lucca negli ambienti degli investigatori e dei giornali circolava la voce che erano imminenti grossi sviluppi delle indagini e infatti spuntò il bi-mostro Mele e Mucciarini. C'è motivo di credere a una specie di rivendicazione preventiva, all'angoscia di un uomo che si sente spossessato della sua "opera". Se le cose stanno davvero così la rosa si stringe a persone vicine all'ambiente degli investigatori.
Insomma, secondo lei le indagini devono essere ancora allargate?
Certo, al massimo. Un errore sarebbe che l'ultimo omicidio annullasse le tracce degli altri e per questo è importante la perizia del professor De Fazio, perchè pone finalmente il tema della comparazione.
Rif.1 - La Nazione - 13 settembre 1985 pag.1

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