domenica 19 luglio 2009

Pietro Frillici sulla lettera al magistrato

Sull'impostazione della busta giunta al Sostituto Procuratore della Repubblica, dott.ssa Silvia della Monica, l'indomani l'assassinio della giovane coppia francese a Scopeti, "ha riferito in aula il verbalizzante maresciallo Frillici. Questi ha confermato che la busta portava il timbro di provenienza datato 9 settembre 1985 dell'ufficio postale di S.Piero a Sieve. Ha precisato il teste che detto ufficio aveva giurisdizione su un territorio molto vasto che comprendeva undici cassette postali, dislocate anche in luoghi di campagna lontani dal centro abitato; che la posta veniva raccolta giornalmente dai portalettere dalle ore 10 alle ore 12 di ogni giorno feriale e portata all'ufficio postale, dove veniva accatastata alla rinfusa su un tavolo e timbrata singolarmente dall'impiegato addetto dalle ore 12 in poi. Nel caso specifico, secondo quanto riferito dal teste Frillici, era stato il direttore che timbrava la posta ad accorgersi della presenza della busta, che aveva visto in cima al mucchio, per la particolare maniera con cui era stato redatto l'indirizzo. Le indagini intese ad accertare da quale cassetta potesse provenire la busta in questione indicavano come tale una cassetta che si trovava fuori dal centro di S.Piero a Sieve, sulla sinistra per chi va verso Firenze, sulla destra per chi proviene invece dal capoluogo. La portalettere addetta, certa signora Camiciottoli, aveva confermato di aver ritirato la posta tra le ore 10 e le ore 12 di lunedì 9 settembre, di non aver notato la busta e che generalmente la posta di quella cassetta era sempre notevole essendo vicina ad un agglomerato di case. Aveva altresì ricordato che era stata l'ultima a versare la posta sul mucchio e che la lettera era sulla parte superiore dello stesso. Il precedente prelievo era stato fatto il sabato 7 settembre sempre tra le ore 10 e le ore 12 e la posta era stata regolarmente timbrata. La deduzione logica era dunque nel senso che l'omicida per impostare avesse avuto a disposizione, dopo commesso il delitto, forse parte della notte di domenica e la mattina dei lunedì almeno fino alle ore 10. Secondo il verbalizzante l'ipotesi che essi avevano fatto era che l'omicida avesse percorso l'autostrada dei sole fino a Barberino di Mugello, impostando poi a quella cassetta, che era l'ultima utile, sita a Km 11, 800 dall'uscita autostradale: l'intero percorso dal luogo dei delitto entrando al casello autostradale di Firenze Certosa era poi di circa 50 Km.
Sulla base di tutto ciò la possibilità che la notte stessa dell'omicidio o nelle prime ore della mattina seguente l'omicida (o il suo complice) possa aver impostato la macabra missiva nella cassetta postale di S.Piero a Sieve appare concreta e ragionevole. E' evidente che chi ha ucciso aveva studiato e pianificato tutti i particolari dell'azione criminosa: compiuto il crimine e le cruente mutilazioni, il piano non poteva che prevedere l'allontanamento dal luogo dei delitto attraverso il bosco con il favore delle tenebre fino al punto in cui era stata lasciata l'auto. Con quella ci si doveva recare poi ad una struttura di appoggio, presumibilmente la casa (e il Pacciani ne aveva più di una in Mercatale), dove si poteva provvedere a cambiarsi e a lavarsi ed alla preparazione dei cruento reperto da inviare al PM. Operazione quest'ultima assai semplice, consistente, come hanno chiarito i periti, nel tagliare con una lama affilata un piccolo quadratine di carne (cm. 2,8 x 2 circa, per 2/3 mm di spessore) nella parte più interna dell'organo escisso, senza necessità quindi di asportare anche l'epidermide; nell'inserire poi il frammento nella bustina di plastica, necessaria per non far trasudare all'esterno liquidi organici e suscitare cosi sospetti che avrebbero potuto far bloccare il plico prima dei suo arrivo al destinatario; nel richiudere infine tutto nella busta già pronta, recandosi in auto in Mugello a S.Piero a Sieve, sfruttando probabilmente la vicinanza di tale località al casello autostradale. A tal punto era sufficiente impostare la missiva nell'anonima cassetta all'imbocco del paese e poi far ritorno al punto base, stavolta con molta maggiore tranquillità e sicurezza, perchè in un sol colpo ci si era sbarazzati della prova dei delitto e si era creato un probabile depistaggio delle indagini.
Tutto ciò può averlo fatto con la massima tranquillità lo stesso Pacciani, il quale era dei resto ben a conoscenza di quali fossero le distanze e i tempi di percorrenza per il viaggio di andata e ritorno per e da S. Piero a Sieve, visto che aveva più volte diligentemente annotato, in epoche diverse, la distanza, di poco maggiore, per e da Vicchio di Mugello, non essendo poi in grado di spiegare se non, come si è visto, in modo assolutamente inverosimile tale circostanza.
Non può poi accogliersi la rinnovata ipotesi della difesa del Pacciani la quale assume che il fatto che la lettera in questione si trovasse in cima al mucchio starebbe a significare che essa era stata una delle prime ad essere impostata in quella cassetta, e, poiché il precedente ritiro della corrispondenza era avvenuto sabato 7 settembre tra le ore 10 e le ore 12, ben poteva il duplice omicidio essere avvenuto nella notte tra il sabato e la domenica, restando così a disposizione l'intera giornata di domenica e parte della mattina dei lunedì per portare il macabro plico fino alla cassetta delle lettere in Mugello e quivi impostata".

Rif.1 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)

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